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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2011 alle ore 15:53.

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Il governo italiano ribadisce la necessità di un ampio coinvolgimento dell'Europa nell'emergenza immigrazione. Così dopo il richiamo lanciato ieri da Silvio Berlusconi, oggi è il ministro degli Esteri, Franco Frattini a scendere in campo. «Noi continuiamo a sollecitare l'Unione Europea affinchè comprenda che la questione immigrazione è soprattutto una questione politica».

Doccia fredda da Bruxelles: decreto Italia non apre Schengen
Da Bruxelles, però, arriva una doccia fredda. In una lettera inviata dalla commissaria europea per gli Affari interni, Cecilia Malmstrom al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e intercettata dall'agenzia Ansa, si sottolinea che il decreto firmato giovedì da Berlusconi per la concessione di permessi di soggiorno temporanei agli immigrati giunti in Italia non fa scattare «automaticamente» la libera circolazione nell'area Schengen. Al momento, si legge nella missiva, «non sussistono le condizioni» per attivare la direttiva 55 del 2001 sulla protezione temporanea». E anche la Germania bacchetta il governo. Lo fa il ministro federale dell'Interno, Hans-Peter Friedrich che, al quotidiano "Die Welt", spiega che «l'Italia
deve risolvere da sola il problema dei profughi», aggiungendo che «non c'è alcuna ragione per attivare di nuovo la normativa sull'esodo di massa».

Il Viminale: nulla di nuovo nella lettera della Malmstrom
Dal Viminale giunge poi la replica alla Malmstrom. Non c'è nulla di nuovo nella missiva della commissaria Ue, assicurano fonti del ministero dell'Interno. Il fatto che il permesso temporaneo di soggiorno concesso dall'Italia non faccia scattare automaticamente la libera circolazione nell'area Schengen, spiegano dal ministero, «è cosa nota, perchè devono anche essere rispettate una serie di condizioni previste dal Trattato che per noi, in questo caso, sono rispettate». Quanto al fatto che non ci sono le condizioni per attuare la direttiva 55 del 2001 sulla protezione temporanea, dal Viminale fanno notare che lo stesso Maroni giovedì scorso in Parlamento aveva riconosciuto che diversi Paesi erano contrari.

La Lega: via i nostri militari dal Libano, servono per l'immigrazione
Intanto la Lega, per bocca del ministro Roberto Calderoli, lancia una proposta: ritirare il nostro contingente italiano dal Libano per reperire le risorse e gli uomini necessari a risolvere la gestione degli immigrati. «Al prossimo Consiglio dei ministri - spiega il titolare della Semplificazione - proporrò il ritiro delle nostre truppe dal Libano. Siamo là dal 2006, siamo inspiegabilmente il contingente più numeroso e ancora oggi non capisco che cosa siamo là a fare. A casa e subito dal Libano: pensiamo a difendere i nostri confini prima che sia troppo tardi». Ma il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, frena. «Calderoli ha esplicitato, anche se estremizzando, una tesi che io ho già detto in Cdm. È prevista una progressiva dimunizione delle nostre truppe in Kosovo e in Libano dove manteniamo il maggior numero di soldati rispetto agli spagnoli, che hanno il comando. È corretto immaginare di portare i nostri uomini intorno alle 1.000 unità». Ma, avverte l'ex An, «la missione Unifil è tutt'altro che inutile perché ha una grande opera di deterrenza riconosciuta sia dagli Hezbollah che dagli israeliani».

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