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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2011 alle ore 20:04.

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Nella foto Roberto Lassini (Ansa)Nella foto Roberto Lassini (Ansa)

Per Letizia Moratti il caso Lassini «è chiuso». «Il coordinatore regionale del Pdl Mantovani ha in mano una lettera di dimissioni irrevocabili da parte di Roberto Lassini, secondo quelle che sono le modalità comunicate dal Viminale», dice il sindaco. Lo ripete anche il vice-sindaco, Riccardo De Corato. La lettera c'è: «Lo scrivente Roberto Lassini a mezzo della presente intende irrevocabilmente rinunciare alla propria candidatura nella lista del Pdl», scrive il leader dell'Associazione 'Dalla parte della democrazia', a nome della quale sono firmati i manifesti 'Via le Br dalle Procure'.

La decisione di Lassini non comporterebbe però la sua estromissione dalla lista del Pdl. Secondo quanto chiarito dal Viminale, una volta scaduto il termine per la presentazione, le liste non possono essere modificate o sostituite. La rinuncia potrebbe essere presentata solo nel periodo che intercorre tra il momento in cui le liste vengono depositate e la loro ammissione, ma non una volta ufficializzata la lista. Giunti a questo punto iI ministero dell'Interno ha individuato tre possibilità: annunciare la volontà di non fare campagna elettorale, chiedere formalmente di non essere votato, rifiutare l'incarico in caso di elezione.

Ma non tutti concordano con questa interpretazione.
Secondo Valerio Onida, già presidente della Corte costituzionale e docente di giusitiza costituzionale, «è illogico sostenere che chi ha dichiarato di accettare volontariamente una candidatura non possa ritirare questa accettazione. Che non può essere un marchio indelebile». Per Onida «nessuno può essere costretto a rimanere candidato sotto un simbolo dopo che magari è intercorsa una rottura, il partito per esempio potrebbe aver fatto delle cose ritenute inaccettabili per il candidato che potrebbe decidere di ritirarsi. È una cosa ovvia».
Resta la questione della sottoscrizione della lista con le firme dei cittadini. «Non occorre rifare la presentazione delle liste con la sottoscrizione», dice Onida perché «se quegli elettori erano d'accordo perché le 48 persone si presentassero, saranno pure d'accordo che se ne presentino 47 di quei 48».

Il rapporto tra firma e candidato è uno degli elementi centrali nell'interpretazione delle norme. Che andrebbe «meglio indagato dal legislatore» secondo Alberto Fossati, docente di diritto pubblico e legislazione sociale all'Università Cattolica di Milano. «Qualcuno potrebbe aver firmato quella lista perché c'era Lassini», dice Fossati. Che sottolinea come «in realtà le sue considerazioni di autospsoensione (di Lassini, ndr) sono solo dichiarazioni di volontà politica. E i problemi politici non possono essere risolti giuridamente, restano questioni politiche».

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