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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2011 alle ore 20:04.

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Le istruzioni (del dipartimento per gli affari interni e territoriali del ministero dell'Interno) per la presentazione e l'ammissione delle candidature all'elezione di sindaco e consiglio comunale in relazione alla possibile rinuncia premettono che «la legge non contiene alcuna disposizione in merito». Ma precisano che sulla questione «in linea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato (sezione quinta, decisione 1 ottobre 1998, n.1384)», l'accettazione della candidatura «non crea di per sè vincoli giuridici, ma dà luogo ad un impegno fiduciario che può essere rinunciato attraverso un'autonoma dichiarazione di volontà». La rinuncia va «prodotta con le stesse modalità e negli stessi termini previsti per la presentazione delle candidature». Ciò significa che «eventuali rinunce intervenute dopo la scadenza di detti termini esplicheranno effetti solo sul diritto all'elezione del rinunciatario, non potendo più incidere sulla composizione della lista».

A chi lo accusa di nascondersi dietro un cavillo giuridico Roberto Lassini risponde: «non è colpa mia se non sono stato tolto dalla lista». E ricorda di aver tentato, anche se invano, di stralciare il proprio nome dalla lista del Pdl, forte della sua lettera di dimissioni consegnata al coordinatore regionale Mario Mantovani. Quanto al terremoto che la sua candidatura ha provocato nel partito, si limita a dire che non se l'aspettava: «non sono così diabolico».

Il Pdl sulla questione resta diviso
Daniela Santanché, sottosegretario per l'attuazione del Programma, ripete che «l'unico giudice del comportamento di Lassini sono gli elettori visto che le preferenze consentono ai cittadini di premiare o punire un candidato. Mentre una censura dall'alto mi pare molto poco democratica».
Tutt'altro che tenero con il sindaco è Giorgio Stracquadanio che considera il comportamento di Letizia Moratti «un gravissimo errore politico». Stracquadanio, assieme alla collega Paola Frassinetti, in qualità di titolare della lista del Pdl alle prossime comunali è andato all'ufficio elettorale di Milano per presentare la lettera di dimissioni dalla candidatura firmata da Lassini. Ma i funzionari comunali, come previsto, hanno opposto un rifiuto in seguito alle considerazioni giuridiche e normative già rese note nei giorni scorsi dal Viminale. «Lassini ha separato il proprio destino politico da quello della lista del Pdl - argomenta Stracquadanio - ma questo non significa che non possa essere eletto. Pertanto l'incompatibilità espressa dal sindaco Moratti non può estendersi sul futuro dei comportamenti post-elettorali dal momento che nessuno di noi ha la sfera di cristallo».
Per chiudere definitivamente il caso, la Lega Nord ha chiesto che il leader dell'Associazione 'Dalla parte della democrazia' rinunci al seggio in Consiglio comunale in caso di elezione.
Da Fli, Barbara Ciabò propone un «patto d'onore» agli altri candidati alle comunali perchè, se eletti, non entrino in aula fino a che non si sarà dimesso Roberto Lassini.

Il caso del candidato Pdl indagato per i manifesti anti-pm sembra aver incrinato il rapporto tra Letizia Moratti e Silvio Berlusconi. Roberto Lassini, intervenuto giovedì sera a Porta a Porta, ha dichiarato di avere ricevuto in questi giorni una telefonata di solidarietà da parte di Silvio Berlusconi. E, sempre durante la trasmissione di Bruno Vespa ha spiegato che, in caso di elezione, «bisognerà rispettare certamente la volontà dei milanesi».
Il presidente del Consiglio, secondo un dirigente del Pdl a lui vicino «vuole che le polemiche finiscano il prima possibile e che tutto il partito si impegni per vincere a Milano». Lo stesso dirigente aggiunge: «Se poi mi chiede se al presidente farebbe piacere che Lassini ottenesse tanti voti, non posso negare che sia così visto che rappresenterebbe uno schiaffo degli elettori alla procura milanese».

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