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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2011 alle ore 09:11.

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La Lega vicina al traguardo del «primo partito» del NordLa Lega vicina al traguardo del «primo partito» del Nord

Non esistono più competizioni solo locali. È vero in Italia, ma è vero anche nel resto d'Europa. Ogni tornata elettorale diventa un test nazionale. È quello che sta succedendo con le prossime amministrative. Il voto è locale ma la campagna elettorale è diventata nazionale. Fanno campagna i candidati nei comuni e nelle province e fanno campagna i leader nazionali dei rispettivi partiti. La convinzione diffusa è che la campagna nazionale abbia una ricaduta positiva su quella locale. Non è detto. Ma tutti ci provano. È con questa chiave che vanno lette le attuali frizioni tra Lega Nord e Pdl sulla questione libica.

I due partiti sono alleati al governo ma sono in competizione per il voto del Nord. È una competizione che va avanti dal 1994, quando Silvio Berlusconi è sceso in campo, e che ha visto tre diverse fasi.

La collaborazione antagonista
La prima è stata quella della collaborazione antagonista. Siamo nel 1994. La Lega è in grande ascesa nelle regioni del Nord. Tra il 1987 e il 1992 è passata da 186.255 voti a 3.395.384, cioè da meno di un punto percentuale all'8,7 %. È destinata a diventare il primo partito del Nord approfittando del disfacimento della Dc e del Psi. Tra il 1987 e il 1992 ha incassato il dividendo della caduta del comunismo. Dopo il 1992 aspetta di incassare il dividendo di Mani Pulite e diventare il primo partito del Nord.
Accetta l'alleanza con Forza Italia perché le nuove regole maggioritarie la costringono a scegliere degli alleati. Berlusconi è quello che offre di più. Riesce a imporre le sue condizioni. Non accetta di allearsi anche con il Msi-An di Fini e costringe Berlusconi a fare due diverse coalizioni, il Polo Nord e il Polo Sud. Il Polo delle Libertà e il Polo del Buon Governo.
Eppure Forza Italia diventa il primo partito del Nord. Bossi ha trovato un competitore capace di contendere alla Lega il primato sul suo territorio. La crisi di governo alla fine del 1994 trova qui la sua spiegazione.

Lo scontro diretto
Il divorzio tra Lega e Forza Italia apre la seconda fase nel rapporto tra i due partiti. La fase dello scontro diretto. Nelle elezioni politiche del 1996 il partito di Bossi si presenta da solo sfidando destra e sinistra. Il successo elettorale è notevole. A livello nazionale ottiene il 10,8% di voti maggioritari e il 9,4% di seggi totali alla Camera. Tenendo conto solo delle regioni del Nord arriva al 20,5% dei voti. Ma questo risultato non si traduce in successo politico. La Lega è isolata. Comincia il declino. Dal 20,5% del 1996 nel Nord si passa all'8,2% del 2001 e all'8,5% del 2006. A livello nazionale dal 10,8% al 3,9% del 2001 e al 4,2 del 2006. Nel frattempo Bossi ha ricucito i rapporti con Berlusconi.

La collaborazione competitiva
La terza fase nei rapporti tra i due partiti è caratterizzata dalla collaborazione competitiva. Inizialmente non funziona a favore della Lega ma a partire dalle elezioni del 2006 il partito di Bossi comincia a crescere e non si ferma più. Dall'8,5% del 2006 passa prima al 17,2 delle politiche del 2008, poi al 19,3 delle europee del 2009 per arrivare al 23% delle regionali del 2010. Nel 2006 il distacco al Nord tra i partiti che formano il Pdl di oggi e la Lega era di 26 punti percentuali, nel 2010 si era ridotto a meno di cinque. Nel frattempo la Lega ha conquistato il governo di due regioni ed è diventata il primo partito in Veneto.
Oggi è plausibile che sia il primo partito in tutto il Nord. L'obiettivo mancato nel 1994 a causa della discesa in campo del Cavaliere è a portata di mano. Queste elezioni amministrative sono un altro piccolo tassello della conquista del Nord. Conteranno soprattutto i risultati nei comuni capoluogo. La Lega infatti ha già conquistato i piccoli centri dove da tempo è il primo partito. Adesso ha cominciato a espugnare le città erodendo voti proprio al Pdl.

Gli elettorati di Lega e Pdl non sono completamente sovrapponibili. Il partito di Bossi pesca proporzionalmente di più tra i lavoratori autonomi e gli impiegati esecutivi subordinati, mentre quello di Berlusconi rappresenta un blocco sociale molto più composito. Ma fissate le differenze è vero che esiste una quota di elettori "intercambiabili" che a seconda delle circostanze e delle convenienze sono disponibili a votare per l'uno o per l'altro. La Lega è diventata una alternativa attraente per una parte dell'elettorato moderato che è deluso del Cavaliere. Per questo quando la Lega sale il Pdl scende: dal 2008 è andata così. Per il Pdl non è un problema da poco e questo spiega, almeno in parte, l'attivismo del Cavaliere che a sua volta provoca il nervosismo di Bossi. Malgrado ciò la collaborazione competitiva – almeno per ora – non sembra destinata a cedere il passo a una rottura. La Lega ha già sperimentato la strada della corsa solitaria e non è andata bene. Per aprire una nuova fase ci vorrebbe una soluzione alternativa. Ma dov'è?

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