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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2011 alle ore 08:28.
È durato oltre 20 minuti il raid della Nato che questa notte ha preso di mira una installazione militare poco distante dal bunker di Muammar Gheddafi, a Tripoli. Nell'attacco, contro una caserma semivuota di volontari secondo il Governo libico, un impianto per i mezzi secondo l'Alleanza atlantica, si sono registrati almeno 3 morti e 150 feriti.
Poco dopo l'una di notte, riferiscono i corrispondenti presenti a Tripoli via Twitter, violente esplosioni hanno scosso l'area attorno al Rixos, l'albergo che ospita i giornalisti stranieri accreditati: almeno 18 le esplosioni che hanno fatto tremare il complesso, che si trova all'interno del compound di Bab-al-Azizia, e dista circa 1,5 km dal luogo presunto ove si troverebbe il bunker di Gheddafi.
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Il raid ha preso di mira, con bombe laser-guidate, un impianto che «riforniva le forze responsabili degli attacchi contro i civili», afferma la Nato, situato all'interno del compound. I soldati del rais, «rappresentano ancora una minaccia per i civili, e continueremo a bombardare obiettivi che siano collegati a questa violenza», ha detto alla Cnn il generale Charles Bouchard, che guida la missione dell'Alleanza in Libia.
Il portavoce del governo libico, Moussa Ibrahim, ha tuonato che il raid notturno «rappresenta una escalation» e la maggior parte delle vittime sarebbero civili, abitanti delle case vicine la zona bombardata.
Intanto i ribelli libici sono stati invitati ufficialmente ad aprire una sede di rappresentanza a Washington: lo ha annunciato l'inviato Usa a Bengasi, Jeffrey Feltman, sottosegretario americano agli affari del Medio Oriente.
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