Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2011 alle ore 07:51.

My24

Un decennio perduto: minore competitività e mancata crescita. «Sono i numeri, non le lamentele degli industriali a testimoniare che quelli alle nostre spalle sono anni perduti». Emma Marcegaglia prende gli appalusi (ne ha avuti 27) quando ne spiega i motivi: «divisioni e lacerazioni» nei due poli della politica, «alle prese con fratture e problemi di leadership personali anteposti al bene del paese». Ed insiste: «Non vogliamo più questa alta conflittualità tra e dentro gli schieramenti».

È il tema della crescita il filo rosso che lega le 38 pagine della relazione della presidente di Confindustria all'assemblea pubblica di ieri. Con la «delusione» per le riforme non fatte e con un nuovo pressing per metterle al centro dell'agenda «se il risultato elettorale convincesse il governo e la maggioranza di avere ancora davanti a sè due anni di lavoro».

Questo significa: «semplificazioni e liberalizzazioni subito! Infrastrutture subito! Riforma fiscale subito!». Con Confindustria che farà il proprio ruolo: «Nei momenti difficili siamo stati pronti non solo a tutelare le imprese, ma a batterci con tutte le nostre forze per gli interessi generali del paese». Anche, ha detto la Marcegaglia «fuori dalle nostre imprese».

Un impegno civile di cui oggi la presidente di Confindustria sarà protagonista, partecipando al corteo organizzato dagli imprenditori di Treviso, al termine dell'assemblea annuale, con 2mila imprenditori che sfileranno per strada.

È lunga la lista degli annunci non rispettati: la riforma fiscale, liberalizzazioni, semplificazioni, infrastrutture. E la presidente li ha elencati parlando davanti al presidente della Repubblica, ai presidenti di Camera e Senato, a molti ministri, al Governatore di Bankitalia, Mario Draghi, omaggiato con un calorosissimo applauso quando la Marcegaglia gli ha fatto i complimenti per la futura nomina alla Bce.

L'Italia cresce poco, una frenata dovuta soprattutto alla mancanza di produttività. Un argomento che le parti sociali hanno affrontato nella riforma dei contratti del 2009, un accordo separato, senza la Cgil. «Nessuno può dire che non abbiamo fatto ciò che era necessario per ammodernare le regole e venire incontro alle esigenze di tutti» (vedi pag.5). Ed è a questo punto che la presidente di Confindustria si concede una «digressione»: non nomina la Fiat, ma il riferimento è evidente, dopo le indiscrezioni di questi giorni sulla possibile uscita del Lingotto dalla confederazione, anche se ieri John Elkann l'ha definito non un tema di oggi. «Non ci sono soci di serie A e di serie B, non agiamo sotto la pressione di nessuno, non pieghiamo le regole della maggioranza alle esigenze di un singolo. Sono finiti i tempi in cui poche grandi aziende decidevano l'agenda di Confindustria», ha detto tra gli applausi, rimarcando che la sua Confindustria sulle relazioni industriali ha fatto più di quanto realizzato negli ultimi 15 anni, «senza strappi». E ancora: «sono orgogliosa di rappresentare un'asssociazione di 150mila imprese, che credono in Confindustria e vogliono investire in questo paese», ha detto, sottolineando di aver preso in mano la Confindustria in anni drammatici, di aver spinto per una «azione riformatrice», arrivando da un'azienda di famiglia «che non ha mai preso incentivi».

Le riforme delle relazioni industriali deve andate avanti. E se la Fiom continua a dire di no, «intentando cause alla Fiat ma anche ad altre aziende» se ne prenda la responsabilità, «di fronte ai giovani, al paese al Mezzogiorno». Ecco, il Sud: non è vero che è la zavorra d'Italia: «la questione della bassa crescita è nazionale e generale». E peccato che il piano per il Sud, annunciato dal governo sia ancora fermo. Su alcuni temi importanti, come le liberalizzazioni, si sta tornando indietro. Guai poi se venissero approvati i referendum: «C'è disinformazione, l'acqua resterebbe un bene pubblico. Ma con le scarse risorse, chi investirebbe 60 miliardi?».

Bisogna tagliare la spesa pubblica, facendo andare a braccetto risanamento e riforme. Bene ha fatto il ministro dell'Economia a tenere sui conti: e su questo riconoscimento è anche scattato l'applauso della platea. Bene il pareggio di bilancio ma un taglio della spesa pubblica al netto degli interessi del 7% in termini reali, indicato dal governo, «impone un ripensamento della funzione dello Stato e riforme per la crescita». Inoltre i tagli non devono essere lineari e non deve calare la scure sugli investimenti pubblici: «bisogna fare interventi di qualità». E in questo «sono indispensabili l'unità e la determinazione da parte della politica, la risposta delle istituzioni, condizioni che mancano». Vanno anche tagliati i costi della politica e batte le mani la platea quando la Marcegaglia afferma: «è impensabile che non sia la poltica per prima a ridurre i suoi privilegi quando il paese deve fare sacrifici».

Preoccupa poi la questione del credito e di Basilea 3 e va rivista la norma del decreto sviluppo che consente alle banche di modificare unilateralmente i tassi e le condizioni dei mutui alle imprese. Bene infine per la Marcegaglia il rinvio del Sistri: partirà a settembre e le sanzioni saranno mitigate fino a fine anno.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi