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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2011 alle ore 06:37.

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Atomo, in gioco i «paletti» alle scelte del GovernoAtomo, in gioco i «paletti» alle scelte del Governo

Nucleare sì o no? Mai quesito fu più confuso, subdolo, perfino denso di contraddizioni. Un po' per responsabilità congenita delle nostre regole referendarie, che consentono solo l'abrogazione di norme di legge ben codificate e non permettono nei fatti di esprimere orientamenti politici definiti e men che mai perenni.

Accadde già con il referendum antiatomo del 1987, propagandato come una garanzia di abbandono immediato e irrevocabile dell'atomo dopo l'incidente di Chernobyl, ma che in realtà avrebbe prodotto giuridicamente uno stop alla ricerca, alle attività nucleari all'estero e alla realizzazione di nuovi e più perfezionati impianti (in contraddizione con la volontà stessa di molti tra coloro che votarono sì). Un no poi esteso, dopo il successo del sì, alla decisione di chiudere immediatamente (non era obbligatorio) le nostre quattro centrali nucleari con le quali avevamo debuttato nell'atomo elettrico fin dal 1963, azzerando anche la ricerca di settore.

La scheda grigia della nuova tornata referendaria del 12 e 13 giugno, che prevede l'abrogazione delle nuove norme che secondo i promotori consentirebbero la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare, rischia di riproporre lo stesso pantano procedurale?

Di più, insistono i nostri uomini di Governo: siccome le nuove norme che si chiede di abolire sono quelle che fissano tempi certi e un percorso obbligato per quel piano energetico complessivo di cui l'Italia non riesce da anni a dotarsi, ecco in agguato un pericoloso effetto boomerang: niente piano energetico nazionale; niente quadro complessivo per meglio sviluppare, tra l'altro, le rinnovabili.

Impacciate strategie di sabotaggio referendario, dicono gli antiatomo. Che invitano a votare sì all'abolizione delle norme oggetto del quesito (vedi qui a fianco) puntando l'indice su quello che considerano un tentativo furbesco e ingannatore del Governo per riproporre una via autonoma e "semplificata" all'atomo.

Con un atto amministrativo autonomo sull'onda di una delega legislativa – dicono in sostanza i promotori del referendum - il governo si riserverebbe la facoltà di riproporre per intero e magari rafforzate le stesse norme (poi abolite) già nel mirino originario del referendum, per giunta in piena autonomia e senza controllo. Evitando così il ricorso ad un processo legislativo nella sua completezza, con l'usuale passaggio dal setaccio parlamentare che costituirebbe comunque una doverosa garanzia. Un "ripristino" in qualunque momento di quel che si è appena cancellato, insomma. Ripristino di che cosa?

Il piano di ritorno italiano all'energia nucleare, formalmente abolito ma che sarebbe riproposto dai due articoli dell'"omnibus", nasce dalla legge "sviluppo" di due anni fa (la 99/2009), che ha istituito l'Agenzia per la sicurezza nucleare, allestita con forte ritardo solo ora e che comunque resta in piedi, e ha di nuovo previsto il ricorso agli impianti nucleari con una serie di adempimenti a catena (criteri per la localizzazione, validazione delle tecnologie) e una procedura autorizzativa da confrontare con le amministrazioni locali ma da oliare con semplificazioni normative per fronteggiare la consueta frastagliatissima fase dei permessi e delle autorizzazioni per la costruzione dei nuovi impianti.

La convenienza per l'Italia delle centrali atomiche? La pura analisi economico finanziaria divide gli esperti: investimenti massicci, gonfiati dai crescenti vincoli di sicurezza oltre che dagli obblighi di predisporre fin dal primo momento l'onerosissima gestione e riciclo delle scorie, in cambio di un costo del "carburante" drasticamente minore rispetto alle fonti fossili e (ancora di più) alle energie rinnovabili.

Ma per un paese che paga le pesanti conseguenze di una dipendenza record dagli idrocarburi, soprattutto dal gas, il nuovo ricorso all'atomo ha soprattutto una valenza in termini di diversificazione delle fonti e di affrancamento almeno parziale dalla dipendenza dall'estero.

I PUNTI CHIAVE
SE VINCE IL Sì

Se vince il sì cadrà la possibilità di definire e attuare il programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare anche nel caso in cui venissero acquisite evidenze scientifiche, mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, in favore della realizzazione di questi tipi di impianti. Il governo potrà (anche se non sarà più vincolato a farlo entro il maggio 2012) adottare la strategia energetica nazionale, ma questa non potrà contemplare il ricorso al nucleare

SE VINCE IL No
Se vince il no resta in piedi la norma che prevede una moratoria alla possibilità di procedere alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi alla sicurezza. Il governo dovrà adottare la Strategia energetica nazionale entro maggio 2012, e quest'ultima potrà contemplare il ricorso al nucleare

Senza quorum
Se non si raggiunge il quorum (50% più uno degli aventi diritto al voto), le leggi attuali che lasciano aperta l'ipotesi nucleare restano in vigore. Come nel caso in cui vincano i no, rimane la moratoria della costruzione di nuove centrali atomiche nell'attesa «di acquisire evidenze scientifiche sulla sicurezza» e l'obbligo di un piano nazionale entro maggio 2012 che non esclude il nucleare

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