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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2011 alle ore 17:54.

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Berlusconi cerca la quadra con Tremonti e Bossi. Tregua armata tra i ResponsabiliBerlusconi cerca la quadra con Tremonti e Bossi. Tregua armata tra i Responsabili

Silvio Berlusconi si dice convinto in pubblico che «il governo reggerà fino alla fine della legislatura», ma sono tanti i nodi ancora irrisolti. E, anche se il Cavaliere ostenta sicurezza davanti agli ex compagni di scuola al funerale del senatore pidiellino, Romano Comincioli, amico d'infanzia del premier, la maggioranza ha davanti a sé, da qui alle prossime due settimane, un vero percorso a ostacoli tra verifiche parlamentari (il 21 giugno al Senato e il giorno dopo alla Camera) e rese dei conti interne (il rapporto con la Lega, attesa domenica dall'appuntamento di Pontida, e il Consiglio nazionale del Pdl in programma il 1° luglio).

Il premier vuole garanzie sul fisco dal ministro dell'Economia
Il nodo principale resta quello della riforma fiscale. Le parole pronunciate ieri dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti - che ha confermato di voler arrivare a una riduzione delle aliquote (da cinque a tre) ma senza gravare sul deficit - sono apparse dalle parti del Pdl più un'apertura tattica, che una reale volontà di voler andare incontro alle richieste del Cavaliere. Il quale ha bisogno di un impegno certo da parte del ministro per rassicurare il suo elettorato, ma anche per salvaguardare il rapporto con Umberto Bossi. Sempre più stretto tra l'insofferenza della base leghista e le fughe in avanti di alcuni suoi colonnelli (leggi Maroni).

Lo sfogo sul Lodo Mondadori: dove trovo i soldi se mi condannano?
Insomma, Berlusconi è impegnato a trovare una sponda a Via XX Settembre e, per questo, dopo il funerale di Comincioli, è tornato a Roma per provare a organizzare un incontro a tre con il Senatur e il superministro. Con il primo il premier ha poi tentato un primo abboccamento a bordo dell'aereo che da Milano lo ha riportato nella capitale. L'obiettivo del premier è ottenere garanzie dall'alleato e individuare un timing ravvicinato per la riforma del fisco in modo da rilanciare l'azione del governo e della maggioranza. Perché il Cavaliere sa bene che solo un intervento concreto, che ridia ossigeno a famiglie e imprese, può consentirgli di salvare il proprio destino e l'alleanza con il Carroccio. Anche se poi, al funerale dell'amico, il premier indica tra le priorità la riforma della giustizia. «È la prima da fare e possibilmente in accordo con la minoranza». Poi lo sfogo in vista della sentenza sul lodo Mondadori. «Ma dove troverò i soldi? Se mi condannano dovrò pagare 2.500
miliardi» di vecchie lire.

Tregua armata nei Responsabili: Moffa capogruppo dal 1° luglio
Intanto, però, il premier deve fare i conti anche con le fibrillazioni interne, ormai oltre il livello di guardia. A cominciare dalle divisioni emerse nel gruppo dei responsabili. Dove ormai si fronteggiano a viso aperto due schieramenti: l'ala che fa capo a Elio Belcastro e Arturo Iannaccone (Noi Sud) e quella che si riconosce nell'attuale capogruppo Luciano Sardelli. Proprio sulla successione a quest'ultimo si è rischiata oggi l'implosione del gruppo chiamato a designare il nuovo presidente. La votazione era prevista per oggi pomeriggio e avrebbe sancito, con molta probabilità, la spaccatura definitiva del gruppuscolo di parlamentari di Ir. Con il risultato di gettare un'ombra pesantissima in vista della verifica del 22 giugno. Alla fine, però, si è arrivati a una "tregua armata" attraverso un documento, sponsorizzato dall'ex finiano, Giampiero Catone, che ha evitato la conta e ha fissato per 1° luglio l'avvicendamento tra Sardelli e Silvano Moffa, presidente della commissione Lavoro di Montecitorio.

Dall'attivismo di Miccichè all'insofferenza di Alemanno
Un accordo in extremis, sul quale ha pesato, e non poco, anche il pressing del Pdl (Verdini su tutti) che ha lavorato a evitare la votazione sul capogruppo. Ma è un'intesa assai fragile che, peraltro, il premier dovrà puntellare con qualche poltrona visto che dentro il gruppo restano i malumori di chi aspettava un riconoscimento ed è rimasto fuori dal rimpasto di governo. Risolta, almeno per il momento, la grana dei responsabili, restano altre tensioni nel Pdl. Dal sottosegretario Gianfranco Miccichè - che ha appena lasciato il Pdl per trasferirsi al misto e che viene descritto come parecchio attivo nelle ultime ore, anche nel dialogo con l'opposizione - al sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che non nasconde più la sua insofferenza verso la Lega e che sembra farsi portatore di un sentimento molto diffuso e trasversale nel Pdl. Un asse molto ampio, che va da Formigoni a Caldoro, passando per l'ex ministro Scajola e il sottosegretario Augello. E che pare intenzionato a far sentire sempre più la propria voce nel partito, a cominciare dal Consiglio nazionale di luglio.

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