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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2011 alle ore 18:49.

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FARAH - L'Afghanistan Occidentale, regione assegnata dalla Nato al comando militare italiano, presenta situazioni tattiche e livelli di pericolosità degli insorti differenti tra le diverse province e a volte anche tra i diversi distretti della stesse provincia.

Nel nord il settore di Bala Murghab vede il continuo ampliarsi della cosiddetta "bolla di sicurezza" che ormai incorpora gran parte della valle e anche il recente allargamento, di oltre il 50 per cento, non ha incontrato seria opposizione da parte degli insorti, limitatisi a seminare alcuni ordigni lungo la strada peraltro in molti casi segnalati ai nostri militari dalla popolazione stessa.

In questo settore, presidiato da truppe afghane, statunitensi e dai paracadutisti del 183° reggimento Nembo si raccolgono i frutti di una presenza militare che prese il via nell'estate del 2008 e che attraverso aspri combattimenti (i più duri li sostenne sempre il 183° nel
2009) ha indebolito le forze degli insorti composte da talebani e milizie narcos attive lungo la vicina frontiera con il Turkmenistan. Nella provincia di Badghis si registrano solo scontri di piccola entità nella parte orientale della provincia che interessano soprattutto le truppe afghane, le forze speciali dei Marines statunitensi e a volte il contingente spagnolo. Relativamente tranquilla anche la situazione nel settore centrale che include la provincia di Herat e la Zerko Valley un tempo paradiso di talebani e narcos e oggi posta all'interno dell'area di responsabilità dei bersaglieri italiani dell'11° reggimento che costituiscono la task force Centre.

Secondo il generale Carmine Masiello, alla guida della brigata Folgore e del Regional Command West di Herat, "la Zerko Valley al momento è tranquilla grazie anche all'incremento delle forze afghane con un battaglione della Afghan Civil Order Police (Ancop - polizia di formazione militare addestrata dai carabinieri sulla falsariga dei battaglioni mobili dell'Arma ndr-) e la costituzione di unità della Local Police (le milizie di villaggio addestrate e finanziate dagli statunitensi).

Molto più difficile la situazione nella provincia di Farah, crocevia di traffici provenienti da Iran e Pakistan, densa di coltivazioni di oppio e da sempre considerata una retrovia per gli insorti provenienti dalla vicina Helmand. Non a caso la provincia è assegnata a ben due task force. La prima, denominata T.F. South copre i distretti centrali e i parà del 187° stanno faticando non poco a penetrare all'interno delle aree di Pusht e Rod e Kaki Safyd, distretti finora privi di presidi afghani o alleati nei quali gli insorti si sono insediati presso alcuni villaggi.

Difficile anche la penetrazione a est di Shiwan, villaggio chiave degli insorti lungo la strada 517 che da Bala Baluk conduce a Farah City dove agli ordigni improvvisati si aggiungono le azioni intimidatorie degli ninsorti nei confronti dei capi villaggio disponibili a incontrare gli Italiani. "Mantenere la libertà di movimento lungo le strade 517 e 515 è una delle priorità degli uomini della task Force South" ci conferma il tenente colonnello Giuseppe Bertoncello, comandante del 2° battaglione Tarquinia, che sottolinea come tutte le operazioni "vengano sempre effettuate insieme alle truppe afghane" che da queste parti schierano una brigata con tre battaglioni .

Qui a Farah alle difficili condizioni operative si aggiungono quelle ambientali con temperature che già a giugno superano i 60 gradi al sole. Qualche grado in meno lo si trova in Gulistan, distretto orientale di Farh che insieme a quello di Bakwa è assegnato ai paracadutisti del 186° reggimento di Siena che in Afghanistan costituiscono la Task force South East. Sul piano della sicurezza questa è però l'area più "calda" del settore italiano anche perché è stata rilevata dalle nostre truppe solo nel settembre scorso dagli alpini (che qui hanno avuto cinque caduti) dopo due anni di sanguinose e inconcludenti operazioni condotte dagli Us marines e da fanti georgiani.

"A Bakwa stiamo espandendo gradualmente l'area di sicurezza operando al fianco delle forze afghane al momento limitate a una sola compagnia ma che verranno rinforzate in un paio di mesi con l'ampliamento delle infrastrutture della base attualmente in corso", dichiara a Il Sole 24 Ore il generale Masiello. "Un potenziamento che consentirà operazioni a più ampio e la costituzione di stazioni di polizia locale. Un contesto che consentirà di allargare l'area sicura espandendola progressivamente verso il Gulistan, un'area enorme dove nonostante la presenza di insorti i nostri militari stanno ottenendo buoni progressi e la popolazione è molto contenta della nostra presenza."

Basta arrivare alla base "Ice" per comprendere che nei distretti orientali di Farah ci vorrebbero più truppe da affiancare in Gulistan ai 200 parà della base "Ice" e dell'avamposto "Snow" guidati dal tenente colonnello Sergio Cardea. Truppe che combattono ogni volta che escono dall'area di sicurezza di 15 chilometri per 5 istituita in questi mesi dal momento che gli insorti vogliono impedire che i capi villaggio aderiscano a programmi di sicurezza e sviluppo proposti dagli italiani. Basti pensare che le tre basi di "Camp Lavaredo", "Ice" e "Snow" (quest'ultimo un vero e proprio fortino che non a caso non è definito "base", ma Combat out post) sono collegate tra loro da un'ottantina di chilometri della Strada 522, una pista sterrata talmente piena di mine e ordigni esplosivi che le tre guarnigioni vengono alimentate con elicotteri e aviolanci di generi paracadutati. Persino i fusti di carburante per i generatori e i blindati Lince arrivano dal cielo.

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