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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2011 alle ore 13:48.

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La Corte penale internazionale ha emesso un mandato di cattura nei confronti del leader libico Muhammar Gheddafi, il figlio primogenito Saif Al-Islam Gheddafi e Abdullah Al-Senussi, capo dei servizi di intelligence di Tripoli. Per tutti e tre, l'accusa è crimini contro l'umanità. I giudici della Camera «pre-trial» del Cpi (dei quali fa parte l'ex procuratore di Bolzano Cuno Tarfusser) hanno accolto la richiesta del procuratore della Corte penale internazionale dell'Aja, Luis Moreno Ocampo, che ha presentato 1.200 pagine di prove contro il clan. Soluzione auspicata anche dal ministro degli Esteri italiano Franco Frattini.

In serata la Libia ha fatto sapere di respingere la decisione della Corte penale internazionale (Cpi), non riconoscendone l'autorità. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Mohammed al Qamoodi, in una conferenza stampa.

Il precedente del sudanese el Bashir
Gheddafi è il secondo capo di Stato, dopo il sudanese Omar el Bashir, su cui pende una richiesta di arresto internazionale. In teoria il Colonnello e i suoi accoliti dovranno essere arrestati se si recheranno in uno dei 116 Paesi che hanno sottoscritto il Trattato di Roma il 17 luglio 1988 costitutivo della Cpi. Il precedente di Bashir, che gira liberamente per il mondo ed è ancora saldamente al potere, non è certo molto incoraggiante.

Cento giorni di raid Nato, il rais non molla
Sul fronte di guerra mentre il conflitto libico entra nel centesimo giorno di operazioni con Muammar Gheddafi indebolito ma ancora al potere, prosegue l'avanzata degli insorti del Cnt di Bengasi verso Tripoli, tanto che nella notte, riferisce la Bbc, si sono registrati scontri tra le milizie degli insorti e le truppe di Muammar Gheddafi a circa 80 chilometri a sud ovest della capitale. Un portavoce dei ribelli dalle montagne di Nafusa, Guma el-Gamaty, ha riferito di pesanti scontri per la conquista della città strategica di Bir al-Ghanam a 30 km a sud di Zawiya, porta d'ingresso per Tripoli. Il ministro della Difesa del Consiglio Nazionale Transitorio di Bengasi, Jalal al-Dgheli, ha spiegato alla Bbc che ci potrebbe essere un'avanzata da est, partendo dal crocevia petrolifero di Brega.

«Quello che abbiamo appreso da chi ha disertato è che i sostenitori di Gheddafi stanno diminuendo, le persone che sono vicine a lui lo stesso abbandonando e il suo circolo ristretto si sta restringendo giorno dopo giorno», ha sottolineato al-Dgheli. Intanto malgrado le smentite ufficiali dei fedelissimi di Gheddafi tre ministri del Colonnello sono in Tunisia a Gerba dove hanno avviato colloqui con rappresentanti stranieri per porre fine al conflitto giunto al 100mo giorno. Lo rende noto l'agenzia ufficiale tunisina Tap. I tre ministri sono il titolare della Salute, Mohammed Hijazi, Servizi Sociali, Ibrahim Sherif, e degli Esteri Abdelati al-Obeidi. La notizia era stata preannunciata domenica dal capo della diplomazia francese, Alain Juppè. Sul conflitto libico è intervenuta anche la Cina che insiste per una via d'uscita pacifica alla crisi libica, e per questo si tiene in contatto sia con Tripoli che con il Consiglio transitorio di Bengasi. Lo ha ribadito il premier cinese, Wen Jiabao, impegnato in un tour europeo.

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