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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2011 alle ore 13:10.

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Una donna passa davanti a un manifesto di Rupert Murdoch, con un adesivo che dice "What a Jeremy Hunt" riferendosi al ministro della Cultura Jeremy Hunt, a Central Street, Islington, Londra (Epa)Una donna passa davanti a un manifesto di Rupert Murdoch, con un adesivo che dice "What a Jeremy Hunt" riferendosi al ministro della Cultura Jeremy Hunt, a Central Street, Islington, Londra (Epa)

LONDRA - Rupert Murdoch alla fine si è arreso: rinuncia all'acquisizione di BSkyB, la redditizia pay-tv di cui sperava di ottenere il controllo entro pochi mesi. L'annuncio è arrivato pochi minuti prima dell'inizio del dibattito sulla questione al Parlamento britannico e il voto della mozione da parte dei deputati britannici proposta dal partito laburista, ma il magnate dei media sapeva con certezza che sia Governo che opposizione avrebbero votato a favore della mozione chiedendogli di rinunciare all'affare.

La mozione parlamentare non è giuridicamente vincolante, ma il segnale era chiaro: l'idea che il gruppo di Murdoch, travolto dallo scandalo sulle intercettazioni illegali, potesse acquisire BSkyB e con essa un potere ancora maggiore sui media britannici era diventata ormai intollerabile per tutti i partiti, oltre che per l'opinione pubblica. Per Murdoch è una rinuncia che pesa molto: negli ultimi giorni fonti a lui vicine avevano lasciato intendere che fosse disposto a cedere titoli come The Times e The Sun pur di conquistare il controllo di BSkyB, di cui possiede giá una quota del 39,1 per cento.

Le indagini sullo scandalo delle intercettazioni intanto continuano. Il primo ministro David Cameron ha annunciato in Parlamento stamattina l'avvio di un'ampia inchiesta, guidata da Lord Justice Leveson, che avrà il potere di interrogare sotto giuramento editori di giornali, proprietari e uomini politici. L'inchiesta, che partirá «il prima possibile», si occuperá anche dei rapporti tra stampa e polizia.

Cameron ha annunciato anche che il Governo britannico diventerà «uno dei piú trasparenti al mondo» facendo luce sui rapporti tra media e politica: d'ora in poi tutti i ministri e i funzionari pubblici dovranno rivelare e documentare tutti gli incontri che avranno con dirigenti di gruppi editoriali e direttori o caporedattori di giornali.

Murdoch intanto è sotto pressione in altre parti del suo impero. La divisione australiana del suo gruppo editoriale ha annunciato un'inchiesta su tutti i pagamenti effettuati dal gruppo dal 2008 a oggi per verificare che non ci siano stati versamenti illeciti a informatori o polizia. Negli Stati Uniti invece il gruppo Murdoch è ora sotto accusa. Il senatore democratico Jay Rockefeller, presidente della Commissione Commercio del Senato, ha chiesto l'avvio di un'indagine sulla possibilitá che giornalisti di News Corp abbiano intercettato illegalmente i telefoni di cittadini britannici. «Sono preoccupato che le intercettazioni telefoniche già ammesse a Londra da News Corp possano essersi allargate a vittime di 9/11 o ad altri americani - ha detto Rockefeller. - Se così fosse, le conseguenze saranno gravi. Ci sono domande molto serie da fare sulla possibilità che il gruppo abbia violato la legge americana».

Una delle numerose accuse ai giornalisti del gruppo Murdoch è quella di avere intercettato i telefoni di genitori e parenti delle vittime degli attentati terroristici del luglio 2005 a Londra. Per questo il senatore teme che lo stesso possa essere accaduto a parenti delle vittime degli attentati alle Torri Gemelle del 2001. A quanto risulta per ora non ci sono prove di alcun tipo, ma la richiesta di Rockefeller dimostra l'impatto anche all'estero dello scandalo in Gran Bretagna. Negli Usa Murdoch controlla il New York Post, il Wall Street Journal e il canale televisivo Fox News oltre alla casa editrice Harper Collins.

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