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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2011 alle ore 08:07.

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New York - Barack Obama si è rivolto direttamente al Paese per cercare di sbloccare l'impasse sul debito. Ha chiesto, in un messaggio televisivo in prima serata, che i cittadini premano sul Congresso, che facciano sentire la loro voce scrivendo ai loro deputati e senatori a favore di un compromesso. Obama si è detto fiducioso che alla fine «un numero sufficiente di esponenti di entrambi i partiti metterà da parte la politica per compiere passi avanti». Ma ha ammonito che un default, che potrebbe scattare tra una settimana, minaccia di scatenare «una profonda crisi economica interamente creata da Washington». Obama ha di fatto chiesto al Congresso di inviare nei prossimi giorni un progetto che lui possa firmare.

Non è affatto chiaro se questo progetto sia già ora sul tappeto. Obama ha attaccato l'ultima proposta repubblicana che vorrebbe innalzare il limite sul debito di una cifra sufficiente solo per sei mesi: secondo il presidente, questa ipotesi «non risolve il problema». E potrebbe non bastare a evitare un declassamento del debito americano da parte delle società di rating. Prospettiva che a sua volta rischia di provocare gravi tensioni e aumenti nei tassi di interesse che peserebbero sugli americani. Un downgrade del debito Usa, che da sempre ha il voto massimo di tripla A, sarebbe senza precedenti.

Ma lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, nella sua replica ha ribattuto dai teleschermi che, se è vero che gli Stati Uniti non possono finire in default, il presidente non riceverà «un assegno in bianco». Boehner ha bocciato senza appello, sostenendo che è pieno di trucchi contabili, l'ultimo piano dei democratici ideato dal leader del Senato Harry Reid per alzare il tetto del debito e ridurre il deficit. Reid ha proposto di alzare il tetto subito di 2.400 miliardi di dollari, abbastanza cioè da arrivare fino a dopo le elezioni di fine 2012. L'azione sarebbe accompagnata da tagli di spesa per 2.700 miliardi in dieci anni, mille dei quali deriverebbero da risparmi sulle guerre.

Proprio questi ultimi non convincono i repubblicani. Boehner ha indicato che l'unica strada per un'intesa è invece quella indicata dal suo partito: un primo rialzo del tetto sul debito da soli mille miliardi accompagnato da 1.200 miliardi di tagli di spesa. E un secondo voto in gennaio per alzare nuovamente il tetto solo se il Congresso avrà identificato altri duemila miliardi di risparmi. Il piano, oltre che a Obama, non piace ai leader democratici in Parlamento: non vogliono avere la presidenza o la campagna elettorale ostaggio di continui voti sul debito.

Davanti all'impasse non appare ancora chiaro come possa emergere un compromesso che eviti il default, anche se tutti i protagonisti lo escludono. I due attuali piani - democratico e repubblicano - potrebbero essere messi ai voti mercoledì, ma solo se uno di loro verrà approvato in maniera convincente guadagnerà credibilità. Altrimenti le frenetiche trattative a Washington dovranno ricominciare. In un clima sempre più difficile:la tensione è ormai salita anche sui mercati e nelle capitali estere. Un default negli Stati Uniti, ha dichiarato il ministro dell'economia giapponese Kaoru Yosano, provocherebbe una crisi globale stile Lehman Brothers.

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