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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2011 alle ore 15:54.

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Task force a Bruxelles
Intanto le autorità sembrano non voler derubricare il caso Breivik a un mostro isolato. Anzi si teorizza un lone-wolf terrorism (il terrorismo del lupo solitario), fenomeno rappresentato da terroristi che si auto-radicalizzano, ad esempio attraverso Internet, senza avere evidenti legami con organizzazioni terroristiche, che «richiede più attenzione»: è quanto hanno concordato gli esperti europei e norvegesi, riuniti oggi a Bruxelles per rafforzare la cooperazione e mettere a punto «una vasta gamma di strumenti» per combattere tutti i tipi di terrorismo, al di là della specifica motivazione.

Durante il meeting, convocato d'urgenza anche per esprimere condoglianze e concreta solidarietà alla Norvegia, gli esperti hanno rilevato che «l'attacco di Oslo ha dimostrato, ancora una volta, che il terrorismo non ha nulla a che vedere con una particolare religione o un particolare credo». «Probabilmente, è ragionevole ritenere che il massacro fatto da Breivik fosse impossibile da prevedere e prevenire» ha detto Jones Timothy, consulente di Gilles de Kerchove, responsabile anti-terrorismo della Ue. «Dobbiamo però trarre la giusta lezione da quanto successo e cercare di fare tutto il possibile per prevenire attacchi di questo tipo in futuro». Tra le misure in discussione, anche una migliore rintracciabilità e nuovi divieti per l'acquisto di fertilizzanti e altre sostanze chimiche con le quali sia possibile costruire bombe in casa.

L'imbarazzo di Israelee la visita di Glenn Beck
Sono di imbarazzo e inquietudine - con ventaure polemiche - le prime analisi israeliane sulle manifestazioni di simpatia «pro-Israele» raccolte fra i deliranti scritti di Breivik. A farsene interprete è in particolare l'editorialista Raphael Mimoun, che in un commento pubblicato dall'edizione online di Yediot Ahronot, il giornale più venduto d'Israele, mette in guardia la destra politica e l'opinione pubblica del suo Paese dalla tentazione di coltivare un dialogo con certa destra europea (e americana) sulla base di comuni sentimenti d'islamofobia. L'articolo s'intitola, significativamente, «Non sono nostri amici»; e prende spunto dagli scritti in cui Breivik si è definito «filo-sionista» e simpatizzante del
«nazionalismo israeliano».

Si tratta di una posizione comune a quei settori dell'estrema destra occidentale che - nota Mimoun - esprimono «sostegno incondizionato alle politiche di Israele» in chiave anti-palestinese e anti-araba, poichè interpretano il conflitto mediorientale come parte di una sfida mortale, a un tempo «religiosa e culturale», con l'Islam. Un'ideologia che l'editorialista di Yediot Ahronot giudica inaccettabile in sé. E che, inoltre, non cancella «le radici fasciste e neonaziste» (quindi fondamentalmente antisemite) di molti di questi movimenti. Di qui le accuse esplicite contro chi in Israele non esita a flirtare con ambienti e militanti di questa risma, considerati da Mimoun pericolosi anche quando restano distanti dalla truce violenza di Breivik. «Numerosi politici israeliani, inclusi deputati della Knesset e persino esponenti del governo, hanno accolto positivamente - denuncia l'analista - il sostegno di gruppi e partiti politici stranieri di una certa destra. E questo è un deplorevole errore». «Per il bene dello status morale d'Israele - prosegue Mimoun - la massima secondo cui i nemici dei miei nemici sono miei amicì non può essere applicata qui. Gli odiatori degli arabi, europei o americani che siano, non devono essere nostri amici». Un avvertimento che non sembra giungere a caso, a meno di un mese dall'atteso e controverso happening d'appoggio alla politica israeliana degli insediamenti organizzato per fine agosto a Gerusalemme da Glenn Beck: tribuno tv della destra populista Usa e profeta dei simpatizzanti del Tea Party, che ha tra l'altro osato accostare le vittime di Utoya alla Gioventù Hitleriana. Un personaggio che l'ala liberal della comunità ebraica Usa ha accusato apertamente di scivolate anti-semite, nei mesi scorsi, sull'onda d'una polemica sguaiata contro il finanziere George Soros (sostenitore di Barack Obama). E che invece s'appresta a essere ricevuto con tutti gli onori in Israele dai leader del movimento dei coloni e da alcuni parlamentari dell'ultradestra nazional-religiosa, ma anche del Likud: il partito del premier Benyamin Netanyahu.

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