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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2011 alle ore 18:44.

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Dopo le violenze del regime di Assad arrivano le sanzioni. Gli Stati Uniti hanno deciso le prime sanzioni su una banca siriana. Il Tesoro americano congelerà gli asset di Commercial Bank of Siria, e della società di telefonia mobile Syriatel, accusate di aver aiutato la Siria e la Corea del Nord a perseguire i loro programmi sugli armamenti. In virtù delle sanzioni vengono congelati gli attivi della banca negli Stati Uniti e vietate alle imprese statunitensi qualsiasi transazione con l'istituzione siriana.

Gli Stati Uniti hanno poi spiegato che cinque mesi dopo l'inizio della sanguinosa repressione del regime di Damasco, che secondo gli attivisti ha causato la morte di oltre 2.000 persone, il presidente siriano ha perso la legittimità e procedono con nuove sanzioni, congelando i fondi di una delle principali banche statali del Paese e quelli della maggiore società di telefonia cellulare legata a un potente cugino del rais.

In Siria i civili continuano però a morire, almeno quanto affermano diverse piattaforme di attivisti locali: una ventina di persone sono state uccise a Homs, città ancora occupata a nord di Damasco, secondo quanto riferito in serata dai Comitati di coordinamento locale.

Altre due persone sono state uccise a Nawa, frazione di Daraa, primo epicentro della rivolta nel sud della Siria. E se i carri armati hanno lasciato il centro urbano di Hama sotto gli occhi dei pochi giornalisti accreditati e di quelli dell'ambasciatore turco a Damasco, l'offensiva militare prosegue a Dayr az Zor, nella regione orientale al confine con l'Iraq, e nei territori al confine con la Turchia nella regione di Idlib. Qui si registra - secondo l'Osservatorio per i diritti umani (Ondus) - l'uccisione di una donna e il ferimento di un numero imprecisato di persone.

Una fonte militare siriana, citata dalla tv di Stato ha però riferito che l'esercito si è ritirato dalla regione nord-occidentale. Circostanza smentita con forza dagli attivisti, che alle parole hanno accompagnato numerosi video amatoriali in cui si riconoscono i tank per le strade di Binnish, Taftanaz, Sarmin, tutte località nei pressi di Idlib.

Da Ankara il governo turco, per bocca del premier Tayyip Erdogan, ha di fatto intensificato la pressione su Damasco concedendo dieci giorni («al massimo due settimane») perchè il regime degli al-Assad (che «spara sulla sua gente») si avvii sul cammino di serie riforme e metta fine alla repressione.

In risposta alla posizione turca, Assad aveva già ieri replicato affermando pubblicamente che la Siria non rinuncerà a perseguire i «terroristi». Al fronte interarabo di condanna alla Siria si è così unita oggi anche l'Algeria, che per la prima volta in cinque mesi si è espressa contro l'uso della violenza. Manifestazioni in sostegno dei manifestanti siriani si sono svolte a Tunisi e, di nuovo, a Kuwait City, dove centinaia di persone hanno invocato a gran voce l'espulsione dell'ambasciatore siriano.

Intanto a Damasco, con un incontro col ministro degli esteri Walid al Muallim, è iniziata oggi la missione dei rappresentanti di Brasile, India e Sudafrica (del gruppo Ibsa e Paesi membri non permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu), giunti nella capitale siriana con l'obiettivo dichiarato di indurre le autorità locali a metter fine alle violenze.

La decisione del governo americano di congelare i beni della Banca commerciale siriana (controllata dal regime e, secondo Washington, coinvolta nel finanziamento della produzione di armi non convenzionali di concerto con la Corea del Nord), e quelli di Syriatel (controllata dall'influente e miliardario imprenditore Rami Makluf, cugino del presidente) indurranno con molta probabilità il regime siriano a ribadire l'esistenza di un «complotto straniero».

La Ue invece è ancora divisa sull'ipotesi di nuove sanzioni contro la Siria: è quanto ha spiegato oggi un portavoce della Commissione Ue, Michael Mann. Le nuove sanzioni, che alcuni Paesi hanno proposto, colpirebbero direttamente l'economia del Paese, perchè includerebbero un embargo su gas e petrolio.

Ma «su questo punto i 27 Stati Ue non sono ancora d'accordo», spiega il portavoce, e dunque la discussione è rimandata a settembre. Le sanzioni, estese di recente, finora riguardano solo il blocco dei visti e il congelamento dei beni di persone e società vicine al regime.

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