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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2011 alle ore 23:10.
L'ultima modifica è del 15 agosto 2011 alle ore 17:04.

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«La manovra è migliorabile», parola di Silvio Berlusconi. «I saldi - ha spiegato il presidente del Consiglio passeggiando al molo di Porto Rotondo - sono assolutamente intoccabili, ma se durante il percorso parlamentare emergono delle nuove idee che siano migliorative dei provvedimenti adottati nulla osta a che siano accolti». E «senza fare distinzioni sulla fonte dalla quale provengono», ha aggiunto Berlusconi per mostrare segnali di apertura a parti dell'opposizione. Arrivano subito però anche due chiusure: «Il contributo di solidarietà resta, è una questione di giustizia», chiarisce Berlusconi, ma assestando una bordata al meccanismo illustrato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti: «In consiglio dei ministri abbiamo votato per un periodo di validità di due anni», aggiungendo che poi qualcuno «ha ritenuto di allungarlo a tre». Il premier, poi, esclude un possibile aumento dell'Iva: «Sarebbe recessivo».

Berlusconi spera, inoltre, di non porre la fiducia sulla manovra, auspicando un atteggiamento responsabile da parte delle opposizioni ma anche dei partiti della maggioranza. «Spero di no», risponde ai cronisti che gli chiedono se intenda porre la fiducia sulla manovra. «Mi attendo un comportamento responsabile da tutte le forze politiche». Anche della maggioranza? «Sì, certamente sì, ma la maggioranza sarà responsabile», tanto più che «è normale che ciascuno cerchi di portare avanti proposte personali», ma «quando chiederemo la disciplina di partito il risultato sarà l'unanimità».

A tarda sera arrivano anche le dichiarazioni di Umberto Bossi: la crisi che ha colpito il Paese «è stato un segnale inequivocabile: è arrivata la fine dell'Italia, questa è la verità». Così il leader della Lega Nord al comizio di Ferragosto a Ponte di Legno. Bossi ha ricordato che «se Tremonti non vende i titoli di Stato non riesce a pagare pensioni e sanità », insomma «siamo al dunque, bisognava fare un po' di tagli altrimenti l'Europa stavolta ci uccideva». Quanto alla proposta del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, di tendere all'azzeramento dei tagli agli enti locali nella manovra «mi sembra giusto, ma non al punto di attirare le ire della Bce, che ci deve comprare ancora i titoli di Stato». Bossi non manca neppure di dare un stoccata ai suoi: «C'è anche gente nostra che ragiona come i terroni, che pensano che lo Stato debba dare qualcosa. Ma lo Stato non ci deve dare niente, è sufficiente che ci dia la libertà e poi ce la facciamo con le nostre capacità». E ancora: «L'assistenzialismo è una rovina sempre, non va bene né al nord né al sud». Infine il senatur butta lì una primizia: «Avrete una grande sorpresa tra poco, il Tfr in busta paga che permetterà anche di raddoppiare gli stipendi, l'ha pensato Tremonti».

Tornando alle riflessioni del premier, va detto che sparigliano le carte all'inizio di una settimana che sarà ricca di contrapposizioni, in vista dell'avvio del dibattito in Senato previsto per il 22. I temi sul tappeto, del resto, sono moltissimi. Pensioni, tagli ai Comuni, sicurezza, scuola, sanità, costi della politica, oltre a super-Irpef per i redditi alti e Iva. È tutto un distinguere, proporre modifiche, rispedire al mittente misure, a partire da fronde e gruppi che si moltiplicano all'interno della maggioranza che dovrebbe votarla. La manovra debutta in commissione al Senato lunedì prossimo, 22 agosto, e sarà battaglia.

«Silvio, fermati!» implora la prima pagina dell'edizione ferragostana di Libero, interpretando i sentimenti di un bel pezzo di centrodestra, elettori ed eletti. «La sovrattassa è una misura opinabile e per certi versi contraddittoria - ragiona il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi -, e siamo aperti alla discussione». Maurizio Lupi, peso massimo del Pdl e vicepresidente della Camera, mette il contributo di solidarietà in cima all'elenco delle «cose da cambiare», per Roberto Formigoni «così il Pdl perde la sua identità», e l'elenco potrebbe continuare a lungo. C'è un aspetto, però, a cui finora nessuno ha dato peso: cancellare tout court la norma sul contributo di solidarietà significherebbe reintrodurre automaticamente la vecchia tagliola, più pesante perché indeducibile, su manager statali e pensionati con assegni alti. Insomma, la matassa è intricata, e complicata dal nodo delle coperture.

In attesa delle cifre ufficiali definitive, il contributo di solidarietà dovrebbe portare circa un miliardo di euro all'anno al bilancio dello Stato in difficoltà. Se lo si cancella, dove si trovano i soldi? L'ipotesi più evocata, che trova seguaci anche fra le parti sociali, a partire da Confindustria, è quella dell'aumento di un punto dell'Iva. Semplice da fare? No, per due ragioni, oltre al «no» del premier: l'incremento di un punto di Iva preoccupa una parte degli osservatori, come il presidente di Confesercenti Marco Venturi che lancia l'allarme sulla «crisi che strangola» i negozi, e soprattutto è già stato ipotecato come meccanismo automatico nel caso il Parlamento non varasse in tempi brevi la riforma dell'assistenza che deve raccogliere 4 miliardi dal 2012. In uno dei tanti effetti-domino che ormai popolano le misure di finanza pubblica, se si aumenta l'Iva per compensare l'addio al contributo di solidarietà non rimane altra strada che azionare i tagli lineari ai bonus fiscali.

Occhio alla Lega. Anche dalle parti del Carroccio la tensione è ai massimi, e la pentola rischia di saltare. Nel Carroccio si scontra la linea "ultra-lealista" espressa dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli («se smontiamo la manovra si rischia il default») e quella d'attacco di Roberto Maroni, che nella conferenza stampa di Ferragosto ha chiesto niente meno che di «azzerare i tagli ai comuni». Far convivere a lungo due linee così opposte è impresa da maghi: lo sa bene un tattico abile come Pier Ferdinando Casini, che non a caso punta dritto su quella che nelle ultime settimane è stata la linea del Piave della Lega, la riforma delle pensioni. «Inseriamo la riforma delle pensioni - propone - perché sarebbe un elemento strutturale».

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