Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2011 alle ore 11:10.
L'ultima modifica è del 20 agosto 2011 alle ore 11:10.

My24

Nel cuore di questo agosto impazzito i listini dei mercati si muovono sull'ottovolante della paura; i listini della politica sull'ottovolante dell'incertezza. In questa fase di passaggio tra il testo del decreto e la discussione formale degli emendamenti che lo cambieranno, passa il tempo della speculazione delle idee. In libertà spesso. Troppa libertà.
Ne verranno ancora di ipotesi, demagogiche probabilmente, dagli speculatori verbali d'agosto. I mercati veri, invece, temono l'impatto di una nuova crisi, che imporrebbe una risalita ancora più impervia di quella, già ardua, del dopo-Lehman. Chi ci osserva dalle tabelle dei listini aspetta solo che l'Italia esaurisca il tempo che ha comprato con la liquidità della Bce a tutela dei titoli della Repubblica italiana e con le regole della Consob che ha congelato le operazioni allo scoperto sui titoli più sensibili della Borsa, banche in testa.
Finito questo tempo sospeso, l'Italia tornerà l'Italia di sempre se non avrà agito come se, finalmente, volesse diventare invece l'Italia che meriterebbe di essere.

Ciò che va fatto, Il Sole 24 Ore lo ha detto nel suo Manifesto per la crescita fin dal momento dell'approvazione della «manovra dell'ottimismo» (scialbo ricordo ormai): revisione del welfare, liberalizzazioni, privatizzazioni, riforma del fisco solo per citare alcuni capitoli all'ingrosso.
Il cantiere-welfare innanzitutto: ha ragione il ministro Renato Brunetta che da queste stesse colonne ha riproposto una riforma coraggiosa e strutturale della previdenza. Basterebbe un ultimo sforzo sull'età di pensionamento delle donne da parificare a quella degli uomini e sulla revisione delle pensioni di anzianità (magari passando dall'estensione del sistema contributivo come ha proposto ieri Elsa Fornero). Un'operazione di razionalizzazione seria porterebbe benefici al bilancio pubblico nell'ordine di una decina di miliardi. Umberto Bossi, guerriero di nuovo in canottiera, si è messo di traverso: fanno bene i suoi alleati del Pdl a spiegargli quali siano le ragioni del Paese oltre a quelle del Nord.

In attesa poi degli effetti di un riordino fiscale vero e proprio: su cui per un paio d'anni si è fatta melina in attesa del salvifico federalismo fiscale. Che – alla fine – è arrivato, con una serie di decreti: l'Ici si chiamerà Imu, la reponsabilità fiscale passa dal centro alla periferia, ma Comuni e Regioni privati dei trasferimenti e autorizzati a sbloccare le addizionali, sono destinati a "mettere la faccia" sugli aumenti futuri, salvando l'immagine del Governo. In realtà il disegno originario è travolto dalla manovra di Ferragosto, dallo sconquasso nei conti, dai diktat Bce. Se Roberto Formigoni grida la morte del federalismo sa quello che dice visto che governa la regione in cui quell'idea politica è nata.

Shopping24

Dai nostri archivi