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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2011 alle ore 09:04.

‘Benvenuti a casa'. E' questo il filo conduttore della sfarzosa cerimonia inaugurale dello Juventus Stadium, il primo grande stadio di proprietà italiano, un'arena a picco sul campo priva di barriere che i bianconeri non dovranno più dividere con nessuno, costruita in meno di tre anni sulle ceneri del vecchio ‘Delle Alpi'.
E a casa, in effetti, si sono sentiti i 41mila appassionati che dalle tribune hanno festeggiato e interagito nella suggestiva notte di colori, coreografie e di musica. Uno spettacolo che tanto si avvicina alle grandi performance di apertura e chiusura dei più grandi eventi sportivi del mondo. Una casa nuova dove si respirano con la stessa intensità la gloriosa storia del recente passato e l'ambiziosa voglia di riscatto che ponga fine definitivamente agli strascichi del periodo più buio della società torinese.
Un turbinio di colori, filmati storici, volti che hanno segnato in maniera indelebile la leggenda bianconera, fuoco, passione, promesse di nuove gioie e buoni propositi, ma anche qualche stilla di veleno legata al solito tormentone dei numeri: quelli degli almanacchi ufficiali che hanno cancellato gli ultimi due scudetti conquistati sul campo che la nuova proprietà juventina continua a rivendicare a gran voce in qualunque angolo dell'universo.
La grande celebrazione si apre proprio così, con un videoclip a schermi giganti che ribadisce con la forza delle immagini e la solennità della musica i 29 scudetti bianconeri come a ribadire, per l'appunto, che a casa propria si fa come si vuole, o almeno si festeggia ciò che si vuole, e delle regole non frega niente a nessuno.
Il pubblico di fede bianconera apprezza e, non a caso, Roberto Bettega sarà tra i bianconeri più acclamati nella sfilata dei campioni di sempre. Arringati gli spettatori nel corso di un pre-show su come contribuire alla coreografia con il materiale distribuito sugli spalti (cartelli colorati secondo i settori a formare di volta in volta la bandiera bianconera o quella italiana e pila led azzurra per un'atmosfera da sogno al calar delle tenebre) comincia lo spettacolo sotto il segno del musical, con le note del Re Leone a sottolineare la rappresentazione dell'universo bianconero. Grandi professionisti sulla scena, ma anche 800 volontari che hanno voluto partecipare attivamente e con altrettanto impegno e professionalità allo storico evento.
Forte, suggestiva e a tratti autoironica la simbologia, a partire dalle giraffe travestite da zebre, ai figuranti –ballerini rigorosamente in bianco e nero dotati di gobba, a ricordare uno dei soprannomi juventini, fino al primo momento di commozione, con i figuranti a formare un grande numero 6 sul terreno ad evocare l'indimenticabile Gaetano Scirea. Poi il momento istituzionale con il combattivo presidente Andrea Agnelli a fare gli onori di casa, a ribadire che quella è la nuova casa della Juve e che l'unica verità storica è quella sancita dal campo. Captatio benevolentiea, neanche a dirlo, mentre qualche fischio ha accompagnato il breve intervento del sindaco di Torino Piero Fassino che però sobriamente non ha neppure tentato di rubare la scena all'atmosfera celebrativa della serata e si è defilato a tempo di record dopo il tagli del nastro ufficiale ‘scortato' da Cristina Chiabotto, affascinante madrina della festa.
E' il momento della parata di stelle. Sfila il palmares sotto forma di cartonati giganti dei trofei conquistati dalla Vecchia Signora e sfilano i grandi campioni di tutti i tempi con qualche defezione. Il più grande di sempre Michel Platini , ormai proiettato a ben altre responsabilità, interviene con un videomessaggio ed ha ancora il potere di infiammare i cuori juventini. Tra i carneadi più acclamati , accompagnati dagli sbandieratori, Bettega, Buffon, Davids, Montero, Ravanelli e soprattutto Marcello Lippi, l'allenatore più vincente della recente storia bianconera. Spicca l'assenza di uomini come Trapattoni, Tardelli, Boniek, Zidane, Vialli e Nedved per citarne alcuni. Il pubblico è in delirio ma per raggiungere l'apoteosi mancano i due pezzi di storia più rappresentativi della società. Dal cielo viene calata una panchina, è quella storica, originale, leggendaria su cui sedevano gli studenti del liceo D'Azeglio, nucleo fondante dalla Juventus nel 1897. Dal buio compaiono su quella stessa panchina Alex Del Piero e Giampiero Boniperti che raccontano la propria storia passandosi di mano in mano lo storico pallone anni 50' donato a Pinturicchio dalla famiglia Agnelli. E proprio la famiglia Agnelli viene ricordata subito dopo da un gruppo di figuranti vestiti alla marinara e dalle immagini di repertorio dell'avvocato e del fratello Umberto, presidenti storici.
Nella storica notte di festa non poteva però mancare il doloroso ricordo di una ferita mai rimarginata, la strage dell'Heysel, la notte del 29 maggio 1985 a Bruxelles. Una commuovente performance con il fuoco e palloncini bianchi ha voluto rendere omaggio alle 39 vittime di quella tragica finale di Coppa dei Campioni.
In un'ideale staffetta tra il vecchio e il nuovo la parola passa al campo, con la gara amichevole con il Notts County. Avversario non certo casuale: fu proprio dalla squadra di Nottingham che la ‘signora' ereditò la maglia bianconera che sostituitì quella rosa. Colori che portarono fortuna e furono confermati diventando il simbolo dell'orgoglio juventino.
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