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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2011 alle ore 17:44.

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Creare uno studio virtuale per offrire ai clienti un servizio a un costo competitivo, fino al 40% inferiore a quello di uno studio legale tradizionale, ma anche per coniugare l'impegno professionale con le esigenze personali e la flessibilitá sul posto di lavoro.

È questo il concetto alla base di Legal Grounds, uno dei primi studi legali italiani completamente digitali, nato dall'idea di Claudia Bortolani, avvocato italiano che dopo avere lavorato all'estero per law firm internazionali é tornata in Italia e ha collegato in rete nove professioniste specializzate in diritto commerciale.

L'idea, nuova per il mercato italiano, ha infatti radici straniere.
«Abbiamo tutte lavorato all'estero», spiega Bortolani. «Dal 1993 al 1998 ero in California e già nel '94 avevo il portatile con il wi-fi e lavoravo il week-end da un bellissimo caffè, "The Grove" su Chestnut Street. Come resistere all'idea di avere finalmente una buotique virtuale anche in Italia?». Ecco allora la decisione di creare un sito internet, diventato ingresso e sala riunioni dello studio virtuale. «Vogliamo lavorare e rendere al cliente il miglior servizio possibile, ma nessuna di noi è disposta ad accettare il "face time" secondo il vecchio modello degli studi di stampo anglosassoni per cui abbiamo lavororato. Ora lavoriamo in libertà, dalle postazioni che di volta in volta risultano più comode. Penso solo alla soddisfazione a luglio quando lavorando dalla Toscana ho potuto partecipare a un'udienza davanti alla Kings Court of County di New York, via Skype, dove addirittura mi hanno fatto alzare la mano per giurare. Bellissimo», continua la professionista.

Bortolani é specializzata in diritto commerciale e contrattualistica complessa, e il team dello studio opera nel settore assicurativo e bancario, «dove i clienti ci chiedono di trovare soluzioni integrate con idee marketing in tempo zero», energy, «soprattutto riguardo al fotovoltaico, e poi in quello ora molto di punta dei giochi on-line». Lo studio offre anche consulenza in ambito contenzioso, e ha recentemente investito nello sviluppo dei servizi di mediazione e conciliazione, avviando una collaborazione con AR.CO.ME. , associazione che promuove lo sviluppo, la gestione e l'applicazione delle tecniche di risoluzione alternativa delle dispute. La resistenza da parte dei clienti, aggiunge l'avvocato, non riguarda l'utilizzo della rete per l'interazione con il legale, quanto l'adozione di nuove tecnologie, «tra cui il cloud computing, che utilizziamo per uno scambio di documenti e un'interazione in tempo reale». Anche questa tecnologia contribuisce a rendere il costo del servizio uno dei suoi punti di forza. «Con un po' di ingegno e di abilità si trovano moltissime risorse disponibili in rete. Per esempio usiamo un "virtual private network", tutto gratuito, un controllo da remoto e un archivio su internet. Non abbiamo server o tecnici a cui pagare uno stipendio fisso, ma un back-up online e un'assistenza efficientissima da Londra, su Skype, che usiamo per le conference call oltre oceano», spiega la fondatrice.

Il sito dello studio é al momento in via di restyling e per raggiungere nuovi clienti le professioniste stanno ottimizzando il portale per chiavi di ricerca collegate ai settori in cui operano. Il prossimo passo, aggiungono, sará lo sbarco sui social media. La strategia per i prossimi mesi é quella di sviluppare il sito e il blog, attivo ma al momento non aggiornato. «Ci piacerebbe anche creare una vera e propria sala riunioni virtuale in cui incontrare i nostri clienti stranieri o fare qualche webinar», aggiunge Bortolani, che identifica come "sfida" quella di cercare finanziamenti per sviluppare la piattaforma on-line, sulla scia di quanto avvenuto recentemente negli Stati Uniti con l'investimento di Google nel portale Rocket Lawyers. Anche perché, la singolare iniziativa di Legal Grounds potrebbe presto affrontare la concorrenza di nuovi players. «Vedremo nascere sicuramente siti simili in futuro. Quando anche gli italiani saranno pronti a un cambio di mentalità. Serve lavorare e non far vedere che si lavora», conclude la fondatrice.

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