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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2011 alle ore 12:42.

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Non è certo una novità che molte notizie diffuse dagli insorti libici in sette mesi di guerra si siano rivelate imprecise, propagandistiche, gonfiate o vere e proprie bugie. La disinformazioni più eclatante ha riguardato il numero dei morti che già il 23 febbraio, dopo una settimana di rivolta, veniva indicato in 10 mila dalla televisione al-Arabiya, che citava il membro libico della Corte Penale Internazionale Sayed al Shanuka. In quei giorni la Federazione internazionale dei diritti dell'uomo (Fidh) riferiva invece di appena 640 vittime. A metà aprile i ribelli resero noto un bilancio di 10 mila morti e 30 mila feriti, questi ultimi saliti poi a 50 mila in stime diffuse una settimana dopo.

A fine agosto erano invece almeno 50 mila i morti secondo il colonnello Hisham Buhagiar, comandante delle forze ribelli delle montagne di Nefusa.
"Circa 50 mila persone sono state uccise dall'inizio dell'insurrezione. Solo a Misurata e Zlitan sono morte fra 15mila e 17mila persone". Eppure le autorità sanitarie di Msurata aveva riferito di 1.083 morti in città tra civili, ribelli e lealisti oltre a 2 mila dispersi.

Cifre del tutto inattendibili quindi, come spiega una documentata corrispondenza di Rod Nordland sul New York Times.
Il Cnt stima un numero di caduti di 30/50 mila, cifra che non terrebbe conto delle perdite tra i lealisti ma nelle morgue delle diverse città libiche le fonti ospedaliere riferiscono di centinaia di vittime, non decine di migliaia. A questi si aggiungono un migliaio di dispersi secondo la Croce Rossa internazionale, che ha trovato 125 morti in 13 fosse comuni. Stime forse incomplete ma non ci sono basi per dare credito a un numero di 30 mila o 50 mila morti e neppure alle valutazioni più modeste del ministro della sanità del Cnt, Naji Barakat, che parla di 25/30 mila morti.

Propaganda e disinformazione non risparmiano neppure i campi di battaglia di Sirte e Bani Walid dove le truppe fedeli a Muammar Gheddafi continuano a resistere alle offensive dei ribelli e della Nato. Negli ultimi giorni la propaganda del Consiglio Nazionale di Transizione ha più volte annunciato la caduta di Bani Walid e Sirte ma sul campo di battaglia la resistenza dei lealisti e delle milizie delle tribù Warfalla e Gaddafa danno filo da torcere ai ribelli che continuano a far affluire mezzi e combattenti da Misurata e Tripoli.

Per la terza volta in pochi giorni i ribelli hanno dovuto ritirarsi ieri dall'abitato di Bani Walid (che venerdì mattina dichiaravano di aver espugnato) per non venire decimati da cecchini e artiglieria. Ufficialmente si è trattato di una ritirata tattica (foto). "E' inutile tenere le posizioni durante la notte in un ambiente ostile", ha spiegato un anonimo comandante dei ribelli ma fonti giornalistiche al seguito delle milizie avevano riferito di un ripiegamento caotico e repentino. "Abbiamo ricevuto l'ordine di ritirarci", ha confermato un portavoce dei rivoltosi, Assad al-Hamouri.

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