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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2011 alle ore 08:41.

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di Lina Palmerini
Arriva in ritardo all'assemblea del gruppo ma con la frase chiave che fa capire cosa farà la Lega sulla richiesta di arresto per il deputato Pdl Marco Milanese. «Voterò per non far cadere il Governo». Umberto Bossi inquadra in poche parole qual è la questione politica e rassicura: si va avanti con Silvio Berlusconi. Dunque, l'asse regge ancora e nonostante tutto.

La conferma c'è qualche minuto dopo quando Marco Reguzzoni, prima fila del cerchio magico, avverte che i padani – oggi – voteranno contro l'arresto «senza se e senza ma». Il capogruppo leghista sceglie uno slogan della sinistra pacifista – forse non proprio calzante al caso in esame – ma sicuramente efficace se si vuol dare l'idea di un gruppo granitico.

E chissà se sarà così. Non piace a tutti dover ingoiare anche quest'altro boccone che spinge il Carroccio tra gli spalti degli ultrà berlusconiani oltre che tremontiani. Già perché questa volta c'è in ballo anche la sorte di Giulio Tremonti – di cui Milanese (che ieri si è autosospeso dal Pdl) è stato stretto collaboratore – che in serata rilascia un commento: «Ho fiducia nella giustizia, penso che il diritto e il giudizio debbano essere separati dalla politica».

E che questa virata da berluscones non piaccia soprattutto alla base è chiaro a Bossi tant'è che si ferma a spiegare il perché e il "per come" passerà la linea del partito. «Il Governo non deve saltare e se lo diciamo io e Maroni insieme, vuol dire che abbiamo ragione: la base è sempre con noi, non vi illudete». Un'affermazione che è sembrata una benedizione politica a «Bobo», che tutti vedono come il suo antagonista. Il Senatur era in vena ieri. Ha parlato al gruppo leghista dando la linea sul «no» all'arresto ma il gruppo è rimasto silente. Nessuno è intervenuto, tutti hanno taciuto e questo è segno di un disagio molto forte non solo per la scelta fatta ma per la prospettiva politica che non si vede. Si naviga a vista e nonostante il «no» c'è chi pensa la partita di oggi su Milanese non sia affatto scontata. Un clima di diffidenza facilitato dallo scrutinio segreto che non fa escludere possibili franchi tiratori.

Comunque il protagonista della giornata è stato Roberto Maroni. E non solo perché è il principale indiziato di vecchie e nuove manovre anti-Berlusconi ma perché è diventato l'interlocutore scelto dell'opposizione. Prima Walter Veltroni, poi Pierluigi Bersani si sono fermati a parlare lungamente con lui e poi ancora Fabrizio Cicchitto e altri esponenti del Pdl: tutti a chiedere cosa farà lui e il suo gruppo di fedelissimi.

Il ministro dell'Interno ha rassicurato tutti, ha messo il mastice sulle divisioni e ha pronunciato la frase di rito: «Ha detto tutto Bossi». E proprio il Senatur poco prima aveva pure escluso un ticket Maroni-Alfano per sostituire il premier: «Non credo che Bobo si voglia prendere una bega del genere». Ripete poi che «il 2013 è troppo lontano ma non vi dico quando...» fissando una scadenza anticipata al Governo (o legislatura). E poi ha ricucito con il Colle dopo le tensioni. «Napolitano – ha detto Bossi – mi è simpatico anche quando ci attacca, credo che ognuno sia libero di pensarla come vuole». L'inciampo c'era stato qualche ora prima con Reguzzoni quando – rispondendo ai richiami del Colle sulla secessione – aveva detto: «Il popolo è sovrano ed è al di sopra del capo dello Stato».

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