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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2011 alle ore 14:48.
Silvio Berlusconi era pienamente «consapevole» che le ragazze portate nelle sue residenze da Gianpaolo Tarantini fossero delle escort. Ma soprattutto il Cavaliere lo ha indotto a mentire nell'inchiesta di Bari «con la promessa di farsi carico della sua situazione». Nelle trenta pagine di motivazioni dell'ordinanza con cui è stata disposta la scarcerazione di Gianpi e il trasferimento degli atti a Bari, i giudici del riesame di Napoli "inchiodano" il Cavaliere smontando di fatto la natura estorsiva della complessa vicenda al centro dell'indagine avviata dalla procura di Napoli. Dopo la decisione del Riesame gli inquirenti della Procura di Roma stanno ora studiando l'ordinanza dei giudici partenopei. I magistrati sono impegnati, di fatto, nella valutazione di due strade: inviare gli atti ricevuti dal capoluogo campano a Bari oppure sollevare un conflitto di competenze davanti al procuratore generale della Cassazione.
Il Riesame: Berlusconi sapeva che erano prostitute
Per i giudici Tarantini è «reticente», come si evince da alcune conversazioni con Patrizia D'Addario, «dalle quali emerge che, a differenza di quanto le aveva anticipato Gianpi in una precedente telefonata, la donna, pur avendo trascorso la notte in compagnia del presidente Berlusconi, non aveva ricevuto alcuna busta, ma soltanto la promessa di un suo interessamento affinché fosse sbloccata la situazione amministrativa di un cantiere ove la stessa stava realizzando opere edilizie». Queste conversazioni, per i giudici, sono «emblematiche della reticenza delle dichiarazioni di Tarantini in ordine alla piena e indiscutibile consapevolezza da parte del presidente del Consiglio della qualità di escort delle ragazze presentategli dall'imprenditore barese»: «Nell'apprendere che la D'Addario non aveva ricevuto alcun compenso in denaro per la prestazione sessuale resa, Tarantini si mostrava quanto mai stupito».
Cruciali ai fini dell'imputazione le conversazioni tra Tarantini e D'Addario
In un successivo passaggio l'imprenditore, poi, «nello spiegare le ragioni del proprio disappunto, evidenziava oltre ogni ragionevole dubbio la piena consapevolezza da parte del premier della reale natura delle prestazioni che gli venivano offerte dalla stragrande maggioranza delle ospiti delle sue serate». I giudici citano a questo punto un passaggio della telefonata intercorsa tra Tarantini e la D'Addario: «Mi dispiace che non hai preso niente, però guarda, è la prima volta che succede, io avrò portato cento donne».
Gianpi e Lavitola istigati dal Cavaliere
Secondo il Riesame non c'è poi alcuna estorsione ai danni del premier. Analizzando gli elementi raccolti nella fase di indagine, le intercettazioni e le dichiarazioni dei vari testimoni i giudici sostengono che «la condotta processuale fin dall'origine assunta da Tarantini, volta a tenere il più possibile "indenne" il presidente del Consiglio da verosimili danni alla sua immagine pubblica derivanti dalla divulgazione dei risvolti più 'sconvenienti' del processo pendente presso Bari è stata indotta dalla promessa (anche tacita o facta concludentia quali la nomina e la retribuzione di un avvocato indicato dal suo entourage) da parte del premier di "farsi carico" della situazione di Tarantini».
Dazioni da premier all'imprenditore da quando Tarantini è indagato
Secondo i giudici del Riesame questa condotta «posta in essere da Berlusconi - scrivono i giudici nell'ordinanza - con il concorso in qualità di intermediario di Valter Lavitola nei confronti di Tarantini appare perfettamente rispondente al paradigma legislativo di cui all'articolo 377 bis del codice penale». Esiste dunque per i giudici l'ipotesi di un reato di istigazione a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria. Per il Riesame, poi, le «dazioni» di denaro e le altre «utilità» date da Berlusconi a Gianpaolo Tarantini cominciano quando Tarantini viene indagato a Bari e «culminano» quando Gianpi, con il patteggiamento, avrebbe potuto «contribuire a "stendere un velo" su notizie e fatti che avrebbero destato sicuro clamore mediatico» per il coinvolgimento del premier nella vicenda escort.
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