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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2011 alle ore 08:06.

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di Rossella Bocciarelli
Una giornata febbrile, dopo la fumata nera sulla scelta del successore di Mario Draghi avvenuta ieri in occasione della riunione del consiglio superiore della Banca d'Italia. È la cronaca di ieri, un altro giorno all'insegna di un braccio di ferro tra due candidati in corsa per la guida di via Nazionale: l'attuale direttore generale di Palazzo Koch, Fabrizio Saccomanni, da molti dato ancora per favorito, e il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, fortemente sostenuto dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. E da ieri appoggiato anche dal leader della Lega, Umberto Bossi, che ha sostenuto di preferirlo «se non altro perchè è di Milano».

Insomma, nessuna novità, come ha commentato ieri sera il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, lasciando intendere che, per lui, la situazione è ancora in stallo. In precedenza Draghi era salito al Quirinale e si era incontrato con il premier, che successivamente aveva parlato anche con Tremonti. Dai tanti colloqui è anche emersa la possibilità che per sbloccare la situazione si possa passare per la presentazione di una terna di candidati.

Nella mattinata, la riunione del Consiglio superiore, convocata da tempo in seduta ordinaria, si era chiusa senza decisioni: in assenza della richiesta di parere del Governo (la famosa lettera che da Palazzo Chigi sarebbe dovuta arrivare a via Nazionale), i 13 consiglieri si sono limitati a esaminare l'ordine del giorno già fissato in precedenza. Ma il consigliere anziano, Paolo Blasi, ha fissato chiaramente i paletti: sono una richiesta di rispetto rigoroso della procedura fissata dalla legge 362 del 2005 e la difesa dell'autonomia dell'istituto. La scelta del consiglio non può essere data per scontata: «Il parere», ha detto Blasi, «può essere positivo o negativo a seconda delle circostanze.

Quello che tengo a dire», ha aggiunto, «è che sarò rigoroso nel rispetto delle procedure previste dalla legge e dallo statuto della Banca: se uno pensa che ci limiteremo a ratificare ciò che ci verrà proposto, si sbaglia». Blasi è consapevole che il Consiglio superiore «ha una grande responsabilità. «Siamo - ha dichiarato ieri - i tutori dell'autonomia dell'istituto e il nostro parere sarà meditato e motivato. Nel momento in cui saremo chiamati a esprimere il nostro parere, dovremo tenere conto certo della competenza e del curriculum del candidato, ma anche garantire l'autonomia della banca, che è un bene prezioso». La prossima riunione è stata fissata per il 24 ottobre prossimo, ma nulla toglie che, nel caso arrivi la richiesta di parere dal Governo, Blasi possa convocare anticipatamente, in qualunque momento, in seduta straordinaria il consiglio.

La questione dell'avvicendamento interno alla Banca d'Italia sembrava quasi del tutto incardinata sul suo percorso istituzionale visto che Fabrizio Saccomanni offrirebbe appunto la garanzia di una continuità di gestione ed è stato sin dall'inizio il candidato espresso da Palazzo Koch e sostenuto, nei suoi colloqui istituzionali anche da Draghi. Ma ora che la matassa si è nuovamente imbrogliata e la partita è sta riaperta dall'Economia, si tratta di provare nuovamente a scioglierne i fili. E di farlo in tempi rapidi, dal momento che non è salutare mostrarsi indecisi a tutto, perfino nella scelta di chi deve guidare la banca centrale, in tempi di crisi sui mercati internazionali; senza contare il fatto che nessuno dei nomi in lizza merita una sovraesposizione da baruffe politiche.

Un possibile escamotage per uscire dall'impasse potrebbe essere quello di delineare una "terna" di candidati alla poltrona di governatore e di portare tre nomi, invece di uno, al parere preventivo del consiglio superiore. I nomi sui quali avviare il sondaggio, in questo caso, sarebbero tre : Saccomanni, Grilli e Lorenzo Bini Smaghi, esponente italiano del board della Bce, il cui nome ha ripreso ieri a circolare come candidato di "mediazione". Resta ancora in campo anche Ignazio Visco, vice direttore generale. Ma l'ipotesi della terna lascia freddo Tremonti e non sembra ancora sciogliere l'indecisione di Berlusconi.

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