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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2011 alle ore 07:29.

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Manifesto per la crescita. Da sinistra, Emma Marcegaglia Ivan Malavasi, Giuseppe Mussari. (Ansa)Manifesto per la crescita. Da sinistra, Emma Marcegaglia Ivan Malavasi, Giuseppe Mussari. (Ansa)

Il tempo è scaduto. Lo hanno messo nero su bianco le organizzazioni imprenditoriali, che continuano ad incalzare il governo perchè metta mano alle riforme, dando un «chiaro segnale di inversione di marcia».
Confindustria, Abi, Ania, Alleanza delle cooperative, Rete Imprese Italia, ieri hanno mandato una lettera al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per lanciare di nuovo un allarme sulla situazione di grave difficoltà del paese e di perdita di credibilità.

Un «appello forte al fare» come hanno scritto, convinti che «con unità di intenti è possibile superare una fase difficile». Il rischio, scrivono, è che possano essere vanificati gli sforzi fatti finora nella tenuta dei conti pubblici.
Non solo: le imprese denunciano anche il fatto che non è stata data nessuna risposta da parte del governo, nè è stato aperto un dialogo dopo la presentazione del pacchetto di proposte per la crescita, due settimane fa. Di fronte a questo silenzio, cui si aggiungono i continui slittamenti del decreto sviluppo, Confindustria, banche, assicurazioni, coop, commercianti ed artigiani, hanno deciso questa nuova iniziativa. Con l'auspicio di essere ascoltate. «Confidiamo che il suo governo voglia realizzare le iniziative necessarie e adeguate alla gravità del momento».

È stata proprio la preoccupazione per un quadro congiunturale sempre più difficile che aveva spinto le cinque organizzazioni imprenditoriali a mettersi insieme a preparare un documento con una serie di proposte dettagliate su cinque punti: spesa pubblica e pensioni; riforma fiscale (meno tasse su lavoro e imprese, anche con la disponibilità ad una piccola patrimoniale); liberalizzazioni; cessioni di patrimonio pubblico; infrastrutture ed energia. Una base di lavoro da discutere ed integrare. «Ad oggi nessuna reazione concreta è seguita da parte del governo e nessun dialogo è stato aperto».
Proprio in vista della preparazione del decreto sviluppo, hanno scritto le cinque organizzazioni nella lettera, «sarebbe utile poter partecipare alla messa a punto delle misure». Un confronto «utile e in linea con quanto avviene in Europa».

Soprattutto, evidenziano le imprese, è di «fondamentale importanza» che il decreto legge contenga «misure strutturali e credibili», che «diano un chiaro senso di inversione di marcia». Senza, si rischierebbe di vanificare gli sforzi fatti finora sulla tenuta dei conti pubblici.
«L'Italia ha mezzi, risorse, intelligenze per risalire la china». Ma, hanno ribadito le imprese, «il tempo è scaduto». E il ritardo che si sta accumulando sul rilancio della crescita e della credibilità sta costando moltissimo, è scritto nella lettera, in termini di occupazione, valore dei beni e dei risparmi delle famiglie, investimenti e valore delle imprese.

Le aziende industriali, artigianali, commerciali e dei servizi, le coop, le banche e assicurazioni stanno facendo «del loro meglio», conclude la lettera, per passare attraverso l'attuale difficile contingenza. Ma non si compete senza avere alle spalle un sistema paese: «solo nel contesto di un efficace piano integrato e condiviso di rilancio del paese questi sforzi non verranno vanificati».

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