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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2011 alle ore 08:38.

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I Governi dell'Unione erano ieri sera alla ricerca di un accordo su un nuovo piano di salvataggio della zona euro. Una prima intesa era stata raggiunta sulla ricapitalizzazione delle banche così come su un rafforzamento del fondo di stabilità Efsf. A bloccare un accordo globale era l'idea di una ristrutturazione del debito greco, al centro di un braccio di ferro tra Governi e istituti di credito.

In un comunicato a metà dei lavori del consiglio europeo qui a Bruxelles, i Governi dell'Unione hanno ammesso che restaurare la fiducia sui mercato è una necessità ormai «urgente». In questo senso hanno deciso di chiedere agli istituti di credito di portare il loro Core Tier 1 al 9% entro il 30 giugno 2012. La cifra del 9% è particolarmente elevata, vicina a quanto richiesto dalle regole di Basilea III che entreranno a regime nel 2019.

«Vi è un ampio accordo per chiedere un criterio patrimoniale significativamente più elevato, del 9%, dopo avere tenuto conto di una valutazione di mercato delle esposizioni al debito sovrano» si legge nel comunicato pubblicato ieri sera. «Questa valutazione prudente - basata sui prezzi al 30 settembre - non avrà un'influenza sulle regole di contabilità finanziaria oggi in vigore» precisano i Governi nazionali.

La scelta è chiara: rendere l'esercizio credibile. «È una misura una tantum», ha rassicurato il ministro delle Finanze polacco Jacek Rostowski. Di solito, i calcoli dei coefficienti patrimoniali prevedono che gli investimenti in obbligazioni sovrane siano considerati sicuri. La decisione peserà soprattutto sulle banche spagnole, italiane, francesi e greche, più esposte ai Paesi in crisi finanziaria.

Italia, Spagna e Francia hanno negoziato duramente per evitare una soluzione così pesante. Sono riuscite a condizionare l'adozione di questa misura a un accordo globale anche sugli altri due aspetti in discussione in queste settimane: vale a dire la ristrutturazione del debito greco e soprattutto il potenziamento del fondo di stabilità europeo Efsf. Ieri in tarda serata la discussione era ancora molto accesa.

Alle prese con banche molto esposte verso i Paesi periferici, i francesi stavano dando battaglia per evitare una decurtazione eccessiva del debito greco in mano agli investitori privati. Sul fronte opposto la Germania è pronta a imporre un haircut fino al 60%, banche permettendo. A tarda serata l'organizzazione che raggruppa gli istituti di credito a livello mondiale ha mostrato i denti in pieno negoziato.

«Non vi è alcuna intesa greca, o su una decurtazione particolare» ha detto il direttore generale dell'Iif Charles Dallara. All'una di notte proprio la ristrutturazione del debito greco era il tassello mancante in vista di un accordo complessivo, se è vero che anche sul rafforzamento del fondo di stabilità Efsf era emersa un'intesa di principio per un aumento della dotazione a mille miliardi di euro, dai 440 miliardi di oggi.

Secondo fonti di stampa, il presidente francese Nicolas Sarkozy è pronto a chiedere l'aiuto del presidente cinese Hu Jintao perché la Cina investa nel nuovo Efsf pur di rafforzarlo. Proprio Francia e Italia sono su questo fronte alleate. È un paradosso, tenuto conto delle polemiche di questi giorni e delle forti pressioni francesi perché il Governo Berlusconi introduca misure per risanare il bilancio e rilanciare l'economia.

Non «tutte le decisioni» necessarie per risolvere la crisi dell'Eurozona potrebbero essere prese oggi (ieri per chi legge, Ndr), avvertiva ieri sera il premier polacco Donald Tusk. «Siamo molto vicini a un pieno accordo politico, ma ci sono alcuni importanti dettagli che potrebbero richiedere più tempo». L'obiettivo dei Governi ieri notte era trovare un'intesa di principio che indichi una via chiara. Basterà a tranquillizzare i mercati?

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