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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2011 alle ore 19:53.
L'ultima modifica è del 05 novembre 2011 alle ore 12:41.

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«Girano nei palazzi romani chiacchiere e pettegolezzi su un argomento: le dimissioni di questo Governo». Così il premier Silvio Berlusconi in una nota. «Mi spiace di deludere i nostalgici della Prima Repubblica, quando i governi duravano in media 11 mesi, ma la responsabilità nei confronti degli elettori e del Paese impongono a noi e al nostro Governo di continuare nella battaglia di civiltà che stiamo conducendo in questo difficile momento di crisi». In serata il concetto è stato ribadito
in collegamento telefonico, ai militanti del Popolo della Libertà di Lecco, riuniti in un incontro organizzato dal ministro del Turismo, Michela Brambilla. «State tranquilli, non ho proprio nessuna intenzione di fare passi indietro. La maggioranza c'è», ha rassicurato i suoi Berlusconi.

Alfano: no dimissioni, ma confronto sulle misure
«No dimissioni, ma confronto sulle misure». Così alle 17 (un'ora prima della nota del premier), il segretario del Pdl, Angelino Alfano, interpellato all'Ansa. Il presidente Berlusconi è impegnato nella «elaborazione» delle misure derivanti dagli impegni del G20 e «di conseguenza non si pone alcun problema di dimissioni, ma piuttosto quello di una riflessione da fare nei prossimi giorni sulla condotta politica da scegliere per favorire il più vasto concorso possibile di forze politiche e sociali» allo scopo di dare risposta alla situazione attuale. È stata esaminata «la situazione politica e parlamentare, con particolare riferimento al voto di martedì prossimo sul rendiconto».

Calderoli: se il governo ha i numeri avanti, altrimenti si voti
Se il governo ha i numeri per andare avanti e fare le riforme bene «diversamente non resta che il voto», dice il leghista Roberto Calderoli. «Governi tecnici, di coesione o come diavolo li si voglia chiamare, o peggio ancora maggioranze allargate, sarebbero un colpo di Stato e i colpi di Stato si combattono con la rivoluzione».

Formigoni: senza i numeri il premier lasci
Dimettersi, allargare la maggioranza e dare vita a un governo a tempo, un anno e mezzo, per rimettere a posto la situazione economica italiana: è questa in sintesi la via indicata dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel corso della trasmissione "Che tempo che fa". Una strada che il governatore ritiene «molto saggia». Il governatore aveva prima premesso che questa era una delle due strade che il capo del governo ha di fronte a sé «per ottenere il bene comune». La prima sarebbe quella di «verificare la tenuta della sua maggioranza perché se l'avesse, questa strada è la più normale e costituzionalmente possibile per approvare» gli impegni presi con l'Europa. «Altrimenti - ha concluso - sarebbe bene cercasse altre strade, aprendo un confronto con il Capo dello Stato e con le forze politiche e sociali del Paese» per «evitare che i decreti» economici «vengano bocciati». Poi su ipotesi di ritorno alle urne: «Non sono del partito delle elezioni anticipate. Andarsele a cercare in un periodo così difficile per il Paese credo sarebbe una scelta sbagliata».

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