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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2011 alle ore 08:30.
L'ultima modifica è del 13 novembre 2011 alle ore 08:44.

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Un'impresa malgestita, in cui le normali regole di ricambio interno non funzionano, o fallisce o viene acquisita da un'impresa più efficiente. Per Stati come l'Italia l'opzione del takeover ostile (altresì noto come invasione straniera) fortunatamente oggi non è pensabile. Resta quindi il fallimento. Nei fallimenti aziendali un curatore, non un manager, viene nominato dal tribunale. Il suo mandato non è quello di far piani di sviluppo, ma di ristrutturare l'impresa per trasferirla o liquidarla. Nel caso di un Paese la seconda opzione non è fattibile, quindi rimane la prima.

Questo deve essere il senso dell'incarico che conferirà oggi Napolitano. Non l'incarico di un governo politico, ma quello di un curatore fallimentare. Un incarico a tempo, con l'unica funzione di risolvere i problemi che questo sistema politico non è stato in grado di risolvere da solo.

Non si tratta di un colpo di stato dei mercati – come qualcuno vorrebbe far credere –, ma di un tentativo disperato di salvarci da soli e non essere commissariati dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Se i politici temono le lacrime e sangue che un governo tecnico potrebbe imporre, si consolino che la ricetta dell'Fmi sarebbe di gran lunga peggiore. Basta chiedere agli abitanti di tutti quei paesi che hanno sperimentato l'amara medicina dell'Fmi.

Un curatore fallimentare deve essere una persona super partes e rimanere tale. Se ci fosse anche il più vago sospetto che il curatore volesse comprarsi l'azienda, non potrebbe operare serenamente. Per questo l'incarico deve essere dato ad un persona non politica che si impegni a rimanere tale. Assumendo l'indisponibilità di Mario Draghi, la persona ideale è Mario Monti. Dini ed altri personaggi di cui si è parlato sono politici, non super partes.

Ma proprio per evitare che Monti diventi un nuovo Dini, sarebbe d'uopo che annunciasse fin da subito la sua intenzione a non entrare nell'agone politico dopo la fine del governo tecnico. Nell'interesse di operare in fretta, il curatore fallimentare non costruisce una sua squadra, ma al massimo porta con sè qualche esperto fidato e poi si avvale delle competenze presenti nell'azienda, dopo aver rimosso i manager implicati con il fallimento. Lo stesso dovrebbe fare Monti. Probabilmente non ha tempo per costruire una sua squadra competente. D'altra parte non puo' tenere gli attuali ministri.

Come diceva Einstein la definizione di follia è ripetere le stesse azioni e aspettarsi risultati diversi. Come potrebbe lo stesso governo che ci ha portato a questa catastrofe, farcene uscire? Qualcuno potrebbe obiettare che l'assenza di Berlusconi fa la differenza. Però si deve evitare l'idea che, per i ministri coinvolti, si tratti di un Berlusconi bis. La presenza di Letta certamente darebbe questa impressione. Meglio promuovere sul campo i direttori generali a ministri e gestire un governo puramente tecnico con qualche persona di massima fiducia (come potrebbe essere l'attuale rettore della Bocconi Guido Tabellini) portata da fuori.

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