Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2011 alle ore 16:59.

My24
(Afp)(Afp)

Il regime di Assad sempre più alle corde comincia a cedere alle pressioni internazionali. Le autorità siriane hanno infatti ordinato il rilascio di 1.180 detenuti coinvolti nelle proteste antigovernative contro il regime del presidente Bashar al Assad: lo ha annunciato la televisione di Stato siriana, specificando che si tratta di persone «che non si sono macchiate di reati di sangue».

Ad ogni giorno che passa il regime siriano è infatti sempre più isolato, e sempre più vasto lo spargimento di sangue nel Paese mediorientale, dove soltanto ieri, secondo le opposizioni, sono stati accertati almeno 96 morti: oltre la metà dei quali, circa cinquanta, erano semplici civili. Hanno però perso la vita anche decine di soldati governativi, in tutto 34, impegnati in scontri con gli ex commilitoni che hanno disertato per non essere coinvolti nella repressione, e nelle cui file ci sono stati dodici caduti.

Le manifestazioni domenicali di protesta contro alcune ambasciate straniere, sobillate dalle autorità di Damasco all'indomani della sospensione decretata dalla Lega Araba a suo carico, hanno avuto una coda nell'assalto alla rappresentanza diplomatica della Giordania, la cui bandiera è stata ammainata e fatta a pezzi per rappresaglia contro le dichiarazioni pronunciate ieri da re Abdallah, a detta del quale il presidente Bashar al-Assad dovrebbe dimettersi.

Il Paese più colpito dagli attacchi alle sedi diplomatiche è stato la Turchia, il cui premier Recdep Tayyip Erdogan oggi ha avuto parole pesantissime per il suo ex alleato e amico personale Assad, che ha liquidato come qualcuno da cui «nessuno si aspetta più nulla», né il «popolo della Siria» nè la «comunità internazionale». Erdogan ha avvertito che il regime siriano «cammina sul filo del rasoio», auspicando che faccia marcia indietro da un «percorso stretto e pericoloso, in fondo al quale c'è soltanto il baratro». Il primo ministro di Ankara ha quindi implicitamente respinto le scuse formali espresse ieri dal ministro degli Esteri di Damasco, Walid al-Mouallem, reclamando invece «l'immediato compimento di tutti i passi necessari per assumersi le proprie responsabilità».

Mentre in Kuwait la maggioranza dei membri del Parlamento, ben 33 su cinquanta, hanno chiesto il riconoscimento del Consiglio Nazionale Siriano, principale cartello delle forze di opposizione, una delegazione di quest'ultimo ha nel frattempo avuto colloqui a Mosca con il ministro degli Esteri, Serghey Lavrov, e con il suo vice, Mikhail Bogdanov.

In una nota la Russia «chiede a tutti i gruppi dell'opposizione siriana di rinunciare alla violenza come mezzo per ottenere scopi politici, e di avviare immediatamente l'iniziativa della Lega Araba volta a normalizzare la crisi interna al Paese, attraverso il dialogo con le autorità». Da parte degli emissari del Consiglio, tuttavia, è stato ribadito per l'ennesima volta che dialogo non può esservene alcuno senza le preventive dimissioni di Assad.

Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu condanna fermamente gli attacchi contro diverse ambasciate e sedi consolari in Siria. È quanto si legge in una dichiarazione di Josè Filipe Moraes Cabral, presidente dei Quindici per il mese di novembre.
I membri del Consiglio di sicurezza hanno quindi ribadito il loro appello alle autorità di Damasco a rispettare pienamente i loro obblighi internazionali di protezione delle sedi e del personale diplomatico.

Intanto la Turchia ha interrotto le esplorazioni di petrolio condotte in Siria e minaccia di fermare la fornitura di elettricità dopo che le missioni diplomatiche turche sono state attaccate in Siria da manifestanti filogovernativi. «Noi forniamo attualmente elettricità alla Siria - ha detto il ministro turco dell'Energia, Taner Yildiz, citato dall'agenzia di stampa Anatolie - se questa situazione persiste saremo costretti a rivedere tutte queste decisioni».

Il gruppo petrolifero francese Total, uno dei principali produttori esteri di petrolio in Siria, ha invece confermato un'anticipazione del Financial Times secondo cui il regime siriano, colpito da due mesi da un embargo del suo petrolio a causa della pesante repressione delle manifestazioni di protesta, ha cessato i pagamenti al gruppo francese.
Il governo siriano ha sospeso i pagamenti all'azienda petrolifera francese Total per la produzione di greggio nel Paese, due mesi dopo le sanzioni europee e statunitensi contro Damasco: lo ha reso noto la stessa compagnia, senza specificare da quale data siano cessati i pagamenti.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi