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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2011 alle ore 11:21.

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La Lega, all'opposizione, torna alle origini. Ma non esclude il dialogo con Monti, a partire dal federalismo. Nella foto il leader della Lega Umberto Bossi (a destra) stringe la mano al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, nell'Aula di Montecitorio (Ansa)La Lega, all'opposizione, torna alle origini. Ma non esclude il dialogo con Monti, a partire dal federalismo. Nella foto il leader della Lega Umberto Bossi (a destra) stringe la mano al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, nell'Aula di Montecitorio (Ansa)

«Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati». Roberto Maroni ricorre a Bertodl Brecht per ribadire che la Lega, nel Governo Monti, starà all'opposizione. Poi cita Francesco De Gregori («Tra due giorni é Natale, non va bene e non va male») per dribblare una domanda dei giornalisti che gli chiedono se la nomina del nuovo capogruppo a Montecitorio arriverà entro le festività natalizie.

Il principale indiziato alla sostituzione di Marco Reguzzoni è proprio il ministro uscente, ma nulla è dato per scontato, anche perché Umberto Bossi ha già avvertito i suoi: i leghisti non devono dare l'impressione di essere dei 'poltronisti', assegnando cariche interne a chi è stato titolare di un dicastero nel Governo Berlusconi.

Da oggi la Lega all'opposizione torna al suo ruolo originario, rilanciato dalla riapertura del parlamento padano per il 4 dicembre a Vicenza, (a Villa Bonin). Un'officina di idee, lo definisce Gian Paolo Gobbo, il segretario della Lega Nord- Liga Veneta, un passo che riapre la speranza di sempre del Carroccio: «l'indipendenza della Padania». Ma il parlamento del Nord sarà anche «un organo di controllo per quello che farà il nuovo Governo».
È un ritorno alle origini che elettrizza il movimento. «Dopo tre anni di politica giocata sulla ragion di Stato per il federalismo, adesso si torna a parlare alla gente senza condizionamenti», dice l'Onorevole Gianluca Pini. Insomma è il momento di dire basta ai compromessi.

Il Carroccio in realtà però non esclude punti di collaborazione con il nuovo governo, come ha già detto Umberto Bossi. Nessun «mandato in bianco» all'Esecutivo, ma la disponibilità a «vedere le cose che il governo proporrà» per decidere «di volta in volta», a seconda dei provvedimenti.
L'attenzione a questo proposito è puntata in particolare sul federalismo, in vista dell'approvazine degli ultimi decreti attuativi.
Che si possa sostenere Monti «se dice cose condivisibili» lo suggerisce anche il sindaco di Verona, Flavio Tosi parlando a Radio 24. In particolare, dice «una patrimoniale sui grandi patrimoni sarebbe di assoluto buonsenso, oppure sulla dismissione del patrimonio dello Stato, per tagli reali alle spese». Quanto al rapporto con Bossi e alla presunta minaccia di espulsione, «sono cose che si ricompongono con una pacca sulle spalle e guardandosi negli occhi», dice Tosi.

Il no è chiaro su quattro punti chiave: il Carroccio non vuole sentir parlare della cancellazione delle pensioni di anzianità e nemmeno della reintroduzione dell'Ici. Ma resta contrario al Governo Monti anche in quanto non eletto e perché lo considera «contro il Nord».

L'alleanza con il Pdl, Maroni lo ha detto chiaramente, si è rotta dopo 17 anni. Il cammino di Bossi e quello di Silvio Berlusconi si separano. In Parlamento. Perché, per ora, le alleanze sul territorio non vengono messe in discussione. Lo hanno ribadito anche i governatori delle tre grandi regioni del Nord governate da Pdl e Lega: Lombardia, Piemonte e Veneto. In primavera ci sarà un banco di prova importante: si voterà per le amministrazioni di Verona e Treviso. E nulla viene dato per scontato.

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