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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2011 alle ore 14:41.
L'ultima modifica è del 20 novembre 2011 alle ore 08:10.

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Analogamente, favorire una componente sociale a scapito di altre, un'agenzia economica a svantaggio di altre, meno tutelate o più deboli, non solo non gioverà a chi fosse privilegiato, ma finirà col danneggiare tutti. In questa luce, il principio di equità va applicato con assoluto rigore: i sacrifici, chiesti a tutti, andranno distribuiti secondo le possibilità reali di ciascuno. A chi ha molto, sia chiesto di più (ad esempio attraverso una giusta patrimoniale); chi ha poco, sia sostenuto in quanto possiede e promosso nelle possibilità di un miglioramento. È tempo che la logica dell'insieme prevalga decisamente su quella degli interessi legati alla persona o alla singola parte: e se una preferenza va fatta, non c'è dubbio che questa deve essere a favore dei più deboli e svantaggiati. Questo principio sia di ispirazione in tutti i campi, da quello socio-economico, a quello della difesa e promozione della vita in tutte le sue fasi, a quello del servizio alla causa della pace e dello sviluppo dei popoli nell'orizzonte imprescindibile della mondialità e dell'integrazione. In questa luce, vanno salutate con molto favore deleghe quali quelle alla coesione territoriale e all'integrazione. Solo così il domani potrà essere migliore per tutti.

Infine, al Presidente Monti e al suo governo mi sembra giusto chiedere di mantenere alta l'attenzione alla vita reale della gente e vivo il contatto con la base del Paese: la separazione fra politica e Paese reale va considerata una delle ragioni della crisi in cui ci troviamo. Ne è causa certamente anche la legge elettorale, che commissariando di fatto le scelte attraverso i poteri decisionali dei partiti e togliendo ai cittadini la possibilità di esprimere delle preferenze ha favorito la clonazione (per lo più al ribasso) di chi è al potere. Occorre tornare ad ascoltare il mondo del locale e quanti lo interpretano al meglio, perché vi spendono quotidianamente energie, intelligenza e passione umana e civile: il volontariato, la rete delle amministrazioni locali, il tessuto della scuola e della sanità, campi in cui l'investimento è priorità necessaria per un Paese civile. Bisogna tornare ad avere una rappresentanza politica che sia effettivamente rappresentativa del territorio, delle risorse e dei problemi locali. In questo senso, la riforma del sistema elettorale è un'urgenza largamente sentita.

Anche la Chiesa - con la sua rete capillare di presenza e di prossimità - può fare qui la sua parte, non per sostituirsi a chi ha responsabilità di governo o per invaderne in qualche misura il campo, ma per contribuire con la sua esperienza e attenzione alla ricerca di soluzioni eque e di un progresso nella giustizia e nella libertà per tutti. Le tre richieste avanzate non sono certo da poco: sarebbe ingenuo non rendersene conto. Occorre uno sforzo corale, lungimirante, generoso e solidale. Ognuno dovrà fare la sua parte. E per chi crede sarà fondamentale chiedere luce e forza dall'alto. Come cittadino e come pastore, lo faccio di cuore, Presidente Monti, per Lei e il Suo governo di "tecnici", chiamati a traghettare fuori della crisi quest'Italia, meravigliosa e ferita.
Arcivescovo di Chieti-Vasto

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