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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2011 alle ore 09:30.

L'ambasciata britannica a Teheran ha evacuato il suo personale dall'Iran dopo il clamoroso assalto di lunedì con la presa in ostaggio per alcune ore di sei funzionari inglesi. Il primo ministro britannico David Cameron ha detto che considererà l'introduzione di azioni «molto dure» dopo l'assalto all'ambasciata britannica a Teheran Subito dopo anche la Norvegia ha annunciato l'evacuazione della propria sede diplomatica. Londra è evidentemente preoccupata di finire in un'escalation infernale simile a quella della presa dell'ambasciata americana da parte degli studenti iraniani nel 1979 con 66 ostaggi, fatto che costò la rielezione al presidente democratico Jimmy Carter e alla vittoria di Ronald Reagan.
La Gran Bretagna ha anche preferito una condotta più cauta alla vigilia del varo di nuove dure sanzioni finanziarie decise con gli Stati Uniti e il Canada che bloccheranno completamente ogni rapporto con le banche iraniane, episodio che non mancherà di far salire la tensione con l'Occidente per il controverso piano nucleare iraniano sospettato di essere in procinto (se non di aver già quasi completato) di costruire un ordigno nucleare con l'assistenza di scienziati fuoriusciti di origine russa e pachistana. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon è intervenuto duramente per ribadire a Teheran il rispetto degli impegni internazionali che prevedono il mantenimento della sicurezza delle sedi diplomatiche.
Il voto a marzo. Il clima delle imperscrutabili dinamiche della politica iraniana si sta surriscaldando anche in vista del decisivo voto di marzo per il rinnovo del parlamento. Si tratta della prima vera prova elettorale dopo il rinvio delle amministrative, comprese quelle di importanti città come la stessa capitale Teheran, per problemi ufficialmente legati al contenimento dei costi in realtà per evitare all'Onda verde di Mir Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi di riorganizzarsi contro i pretoriani del regime, i Guardiani della rivoluzione.
Intanto l'Onda verde e i sostenitori di un dialogo con l’Occidente sono alle corde mentre i sostenitori del presidente Mahmoud Ahmadinejad e le forze fedeli al leader supremo l'ayatollah Ali Khamenei, si stanno affrontando per dimostrare agli iraniani chi di loro rappresenti al meglio gli ideali della rivoluzione islamica e teocratica di Khomeini. Il blocco conservatore oggi dominante dopo la feroce repressione dei seguaci di Moussavi e Karroubi è spaccato al suo interno e tutti, compreso il presidente del parlamento, Ali Larijani fiero antagonista di Mahmoud Ahmadinejad, si stanno posizionando per ottenere il decisivo sostegno del fulcro del regime teocratico iraniano, la guida suprema Khamenei. «C'è una forte rivalità tra i politici conservatori a Teheran per operare sul terreno e fare affermazioni apparendo come i più rivoluzionari e radicali possibile per compiacere la Guida suprema Khamenei», ha detto Fatemeh Haghighatjoo, una ex parlamentare iraniana progressista, e ora professore associato presso l'Università americana del Massachusetts.
La campagna elettorale a Teheran è già iniziata e sembra esser al momento un partita a scacchi tutta interna al blocco conservatore fautore dello scontro con l'Occidente e della costruzione dell'arma atomica e a favore di maggiori contatti diplomatici ed economici con la Cina, la Russia, la Siria di Hassad, Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza. Va infine notato che un anno fa un giovane iraniano studente presso un’università in Gran Bretagna, Ehsan Abdol Tabrizi, venne arrestato al suo rientro a Teheran per una vacanza e da allora in carcere, dopo una condanna a cinque anni di reclusione per avere partecipato a manifestazioni contro il regime davanti all'ambasciata iraniana a Londra.
Chissà quali sanzioni verranno date agli studenti iraniane che hanno addirittura assaltato e non solo manifestato come fatto dal loro conterraneo a Londra, davanti all'imponente ambasciata britannica a Teheran definita secondo i canoni del khomeinismo militante ancora tristemente in voga anche nell’anno delle Primavere mediorientali «covo di spie» e sentina di ogni complotto contro la Persia dai tempi del colpo di stato contro Mohammad Mossadeq, primo ministro iraniano nel 1953 colpevole agli occhi dell'Occidente di allora di aver smantellato il monopolio dell'Anglo-Iranian Oil company a favore di una migliore ripartizione dei benefici del’oro nero. .
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