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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2011 alle ore 15:31.

(Ap)(Ap)

TEHERAN - Le immagini dell'assalto all'ambasciata britannica di Teheran sembrano le stesse del fatale quattro novembre del 1979 quando gli studenti si impadronirono di quella americana di via Taleghani prendendo 66 ostaggi che vennero rilasciati soltanto nel gennaio 1981. Questa volta gli ostaggi britannici sequestrati, sei diplomatici, sono stati liberati dopo l'intervento della polizia, che per altro è apparsa assai in ritardo e poco convinta nel suo compito di difendere una legazione straniera, lasciando che i manifestanti entrassero nella sede distruggendo arredi e mettendo le mani su documenti riservati.

Un giovane stringeva un ritratto della regina Elisabetta strappato del muro, un altro quello dell'ambasciatore: da quando la Gran Bretagna ha imposto, come altri Paesi occidentali, nuove sanzioni all'Iran, la tensione è salita al massimo livello. Ma si tratta di un'escalation che parte da lontano: nel 2009, quando gli inglesi espressero il loro sostegno alla oceanica protesta dell'Onda Verde, dilagata dopo la manipolazione dei risultati delle presidenziali, il governo di Teheran era partito all'attacco di quello britannico con toni ancora più aspri di quelli usati solitamente contro gli Stati Uniti. È una vecchia ruggine: l'impero britannico è stato sempre ritenuto uno dei principali protagonisti nei complotti ai danni dell'Iran, l'ispiratore, insieme agli americani, del colpo di stato che negli anni Cinquanta abbattè Mossadeq.

L'ambasciata inglese è «un nido di spie», gridavano i manifestanti, in gran parte studenti e giovani di gruppi radicali legati ai Bassìji, le milizie del regime. Urlavano lo stesso slogan che i loro padri avevano usato 32 anni fa nell'assalto all'amabasciata americana. Il paradosso è che i leader studenteschi di allora sono quasi tutti passati all'oppozione come avversari del regime o del presidente Mahamoud Ahmadinejad. Ibrahim Asgarzadeh che ebbe un ruolo chiave nell'assalto del 1979 qualche tempo fa mi disse: «Ancora oggi mio figlio Mohammad mi rimprovera per quella iniziativa che aprì la strada ai radicali e contribuì a prolungare la guerra contro l'Iraq per otto anni».

La manifestazione di Teheran è stata organizzata per esprimere sostegno al recente disegno di legge parlamentare che abbassa il livello dei rapporti tra il ministero degli Esteri iraniano e il Foreign Office britannico. In base a questo provvedimento i rapporti tra Teheran e Londra saranno ridotti al livello di incaricati d'affari: l'ambasciatore britannico ha due settimane di tempo per lasciare l'Iran. Ora, dopo quanto è accaduto, è probabile che farà le valigie ancora prima. Il ministero degli esteri di Teheran, in serata, ha «deplorato» l'attacco ed ha aggiunto di essere impegnata a garantire la sicurezza dei diplomatici. Dalla Casa Bianca è stata diramata una nota di condanna da parte degli Stati Uniti per quanto accaduto nella capitale iraniana.

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