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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2011 alle ore 20:05.

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Londra – La sedia vuota era quella di Nick Clegg, lo scranno che il vice premier occupa normalmente ai Comuni per stare al fianco del suo premier. Il leader del partito liberaldemocratico in coalizione di governo con i conservatori non ha voluto assistere alla relazione di David Cameron sul summit di Bruxelles. Un'assenza voluta, ricercata, che sottolinea, fisicamente, il dissenso da una scelta – il no britannico - stigmatizzata con toni duri da Clegg nel corso del week end. E basta questo per dare la misura della crisi politica che avvolge il governo inglese.

La tesi sostenuta da David Cameron a Westminster è stata lungo le linee tradizionali. "Ho difeso l'interesse nazionale britannico. Ho fatto soltanto quanto avevo anticipato in quest' aula: se non ci fossero state date garanzie dai partner Ue avrei posto il veto. Erano garanzie modeste, ragionevoli ma rilevanti che avrebbero concesso regole eque per tutti. Non ho mai chiesto l'opt out britannico dal capitolo dei servizi finanziari". Il premier ha poi ammesso che l'assetto istituzionale europeo prossimo venturo lascia incertezza sull'uso del voto a maggioranza da parte degli altri Paesi (potrebbero mettere sistematicamente in minoranza la Gran Bretagna arrivando al tavolo a ventisette con intese predefinite nelle riunioni a cui Londra non parteciperà), ma ha insistito che far sbocciare "un trattato nel trattato" sarebbe stato molto peggio.

Alle parole, poco convincenti, di David Cameron sono seguite quelle normalmente ancor meno pungenti del leader dell'opposizione laburista. Ed Milliband questa volta ha però sorpreso tutti con un argomentato affondo al cuore del governo.. "Come pensa il primo ministro di convincere un Paese se non ha convinto nemmeno il suo vice ?"

Domanda retorica, prologo a un diluvio di accuse che si possono risolvere nella doppia considerazione: la politica della sedia vuota non ha precedenti nelle relazioni anglo-europee; non c'è ombra di motivazione tattica o di scelta strategica per giustificare questa scelta. "E' un male per la Gran Bretagna – ha continuato Ed Milliband – ed è la conferma che il premier ha abbandonato il Paese per salvaguardare il partito". Il riferimento è alla rivolta dei cosiddetti backbenchers, i deputati che non hanno responsabilità di governo e occupano i banchi più arretrati dei Comuni. La maggior parte sono euroscettici e si sono sperticati in elogi e congratulazioni per la determinazione del premier, dando la netta sensazione che stiano già mettendo a punto una precisa strategia per spingere ancora più in là il gap che divide Londra da Bruxelles. David Cameron non ha dato segni di volerli agevolare in questa direzione, temendo il ricorso al referendum che porterebbe all'immediata caduta del governo per mano dei LibDem.
Di segno opposto gli interventi dei laburisti che pure contano nelle proprie un numero significativo di euroscettici. Gli oppositori all'abbraccio continentale hanno taciuto, lasciando agli eurofili il compito di imbarazzare Cameron. "Il primo ministro ci tranquillizzi – ha detto in uno dei più incisivi interventi Dennis Mac Shane, l'ex ministro per l'europa del governo Blair – confermando che d'ora in avanti in occasione di qualsiasi appuntamento internazionale si farà accompagnare dal suo vice".
Ancora una volta l'attenzione è caduto sull'assente, Nick Clegg, l'uomo che può staccare la spina al governo. Potrebbe farlo, ma per ora è francamente improbabile. Dipenderà dalla spinta interna ai rispettivi partiti. Se crescerà quella degli euroscettici nelle file Tory crescerà quella degli eurofili in quelle LibDem e questo potrebbe davvero portare alla frattura. Dalla loro, i Tory, hanno il sostegno popolare se è vero che la maggioranza della popolazione – i sondaggi non sono però tutti unanimi – approva il pollice verso del premier e se è vero come suggeriscono altre proiezioni che un referendum sull'adesione all'Ue finirebbe con il probabile addio di Londra. La via delle urne, per i LibDem significherebbe invece il collasso elettorale, essendo oggi ai minimi termini del consenso. E questo potrebbe bastare per raffreddare gli animi. Almeno per ora.
Leonardo Maisano

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