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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2011 alle ore 16:01.

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L'Italia come è messa?
In Italia i dati sono ancora incerti, ma l'esperienza professionale svolta negli ultimi tre anni di crisi mi fa affermare che anche il nostro paese è perfettamente inquadrabile in questo trend. L'analisi degli indicatori socio-economici in Italia indica che il suicido è più frequente dove ci sono più occupati, dove c'è maggiore reddito e dove le famiglie hanno più risorse. Questo potrebbe indicare che proprio dove l'essere occupati è la regola, perdere il lavoro e affrontare una crisi finanziaria porta alla vergogna, all'emarginazione e dunque ad un aumento del rischio di suicidio.

Quali sono le dimensioni del fenomeno?

Nei paesi occidentali la prevalenza del disturbo depressivo maggiore in età adulta è del 10-25% nelle donne e del 5-12% negli uomini. L'Italia è in linea con questi dati, tuttavia nel nostro paese il consumo di antidepressivi e sonniferi è aumentato di oltre il 300% dal 2000 ad oggi. Fenomeni simili si sono registrati in Argentina dopo la crisi del 2001 e in USA dopo il settembre 2008. C'è un altro fatto allarmante: il 30% delle chiamate d'emergenza relative a tentato suicidio, è riferito a cause economiche e lavorative. Comunque, secondo le stime dell'OMS, nel 2020 la depressione sarà la seconda causa di disabilità dopo l'infarto del miocardio.

Quali i settori maggiormente coinvolti?

Tutte le mansioni che portano poche soddisfazioni e pochi introiti: ad esempio lavorare in una casa di cura per anziani oppure in centri per l'infanzia provoca, nell'11% dei casi, forme depressive. Servire in un fast food o essere impiegati in un call center può essere estenuante, specie per i giovani. Le situazioni ad alto stress emotivo come quelle che vivono gli operatori sociali e sanitari sono ad alta vulnerabilità (anche gli psichiatri…). Artisti, animatori, scrittori e i lavori creativi in generale sono a forte rischio perché per trovare l'ispirazione si deve stare isolati, concentrati, lo stipendio è irregolare e incerto, e può portare a forti periodi depressivi. Vi sono poi gli insegnanti, che subiscono molte pressioni sia da parte dei ragazzi e dei loro genitori, sia da parte dei loro superiori. Altra occupazione che può influenzare negativamente l'umore è quella del personale di front desk e di supporto amministrativo: sono sempre in prima linea, prendono ordini da tutte le parti, devono controllare tutto e prestare massima attenzione alle pratiche. Anche gli operai e tutti coloro che svolgono lavori di manutenzione sono a rischio depressione, perché non hanno orari di lavoro fissi, possono lavorare anche di notte e in estate. Hanno purtroppo spesso uno stipendio molto basso per un lavoro piuttosto usurante e che rende isolati. Vanno citati i promotori finanziari e i commercialisti, che sono spesso troppo stressati perché hanno una grande responsabilità nel gestire le finanze dei propri clienti. Poi abbiamo i commercianti: non sanno mai quanto sarà il prossimo stipendio, soprattutto se hanno un'attività indipendente, e lavorano mediamente troppe ore.

Per dirigenti e manager va fatto un discorso a parte?
Si, l'alto tasso di stress che devono sopportare li rende davvero vulnerabili. La tendenza ad esaurirsi o a somatizzare le ansie dettate dal lavoro inficia le loro performance innescando pericolosi circoli viziosi. Il rischio di essere licenziati diventa facilmente un incubo. Fino all'anno scorso i manager più colpiti erano quelli del settore bancario, poi il fenomeno si è esteso consistentemente anche ad altri settori. Anche le multinazionali cominciano ad avere problemi in questo senso.

Che età hanno i soggetti che si rivolgono a voi?

La depressione non ha età e può esordire in qualunque momento della vita, con un'età media di inizio intorno ai 25 anni, più precoce nelle donne. I pazienti che si rivolgono a noi in seguito a problemi lavorativi, fino a due anni fa presentavano un'età media superiore ai 55 anni. Ora anche i giovani dirigenti o i giovani manager si trovano in difficoltà. Direi che i problemi dovuti allo stress lavorativo possono insorgere anche intorno ai 40 anni, in relazioni a licenziamenti o inique vessazioni in azienda.

Ne soffrono di più gli uomini o le donne?

Premetto che le donne hanno il 250% delle probabilità in più rispetto (più del doppio) agli uomini di sviluppare episodi depressivi. Fino al 2009, erano i dirigenti di sesso maschile a chiedere aiuto più facilmente. Ultimamente non c'è più differenza in termini percentuali fra uomini e donne, tenendo presente che la maggior parte dei manager è però di sesso maschile.

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