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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2011 alle ore 13:50.

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Manifestazione contro i tagli alle pensioni (AFP)Manifestazione contro i tagli alle pensioni (AFP)

La paura di perdere la luce e di vedersi tagliare i fili della corrente ha funzionato. Nonostante le proteste popolari che da giorni si sono registrate in tutta la Grecia contro l'Ici greca, la nuova tassa sulle proprietà immobiliari sembra sia stata una delle poche misure di successo varate dal governo. Anzi sia andata al di là delle aspettative. Grazie a questa imposta - come riferisce il quotidiano Kathimerini - nelle casse dello Stato dovrebbero entrare almeno due miliardi di euro entro la fine dell'anno, una cifra superiore all'1,7 miliardi di euro previsti inizialmente.

La stima è stata fatta da esperti della Public Power Corporation (Ppc, l'azienda elettrica ellenica omologa della nostra Enel), che è stata incaricata tra mille polemiche anche dei sindacati interni alla stessa azienda pubblica della riscossione della nuova tassa inserendone il relativo importo nella bolletta mensile dei consumi di elettricità.

Secondo gli esperti della Ppc, la percentuale di contribuenti che ha pagato la prima rata dell'imposta fa ritenere che l'obiettivo fissato dal governo Papademos di 1,7 miliardi di euro sarà ampiamente superato. Secondo gli ultimi dati disponibili, otto proprietari di casa su 10 hanno pagato l'imposta. In particolare, l'83% delle bollette inviate ai consumatori all'inizio di novembre è stato pagato portando 650 milioni di euro nelle casse statali. E' un successo senza precdenti in Grecia che vanta l'evasione più alta di tutta l'Europa con tassi del 30% di economia in nero.

Lo swap
Intanto i negoziati sul debito della Grecia sta facendo progressi, ma un accordo tra governo e creditori ancora non è stato raggiunto. Lo rende noto una fonte anonima della troika, formata da Ue, Bce e Fmi. «La discussione in corso sullo swap del debito - spiega la fonte - è costruttiva e utile, ma al momento è ancora troppo presto per dire a quali risultati porterà». I creditori privati detengono circa 206 miliardi di euro di bond greci e stanno trattando ad Atene l'entità del rimborso su cui potranno contare. La trattativa è essenziale per arrivare a un'intesa volontaria e non sfociare in un default disordinato. Una delle voci che girano è che lo status dei nuovi bond emessi nello scambio sarebbe più privilegiato degli attuali. Questo renderà i nuovi titoli più sicuri per gli investitori, riducendo così la perdita netta attuale che gli investitori privati subiranno sui loro titoli greci per circa il 54 per cento, secondo le intese siglate il 26 ottobre al vertice Ue di Bruxelles.

Secondo l'accordo sull'haircut raggiunto dai leader dell'UE nel mese di ottobre, la Grecia prevede di ridurre i vecchi debiti pari a 206 miliardi di euro in mano agli obbligazionisti privati della metà, portandoli a circa 100 miliardi di euro. La Grecia prevede di offrire agli obbligazionisti circa 70 miliardi di euro nel nuovi bond e 30 miliardi di euro in contanti. Non è ancora chiaro se anche i piccoli risparmiatori al dettaglio subiranno delle perdite oppure l'intesa riguarderà solo i grandi investitori.

Partiti insofferenti della popolarita' di Papademos
Si fanno ogni giorno più forti le voci di un eventuale rimpasto del governo del premier Lucas Papademos, che conta appena un mese di vita. Secondo parte della stampa greca, il governo di salvezza nazionale (o di transizione, come preferisce definirlo il partito di centro-destra Nea Dimokratia), non può più andare avanti perché molti dei suoi ministri invece di pensare al loro lavoro pensano ai problemi del loro partito.

Come esempio viene portato il caso della corsa alla successione all'interno del Pasok, il partito socialista dell'ex premier George Papandreou, il quale non ha ancora reso noto le proprie intenzioni riguardo la leadership del partito. Per giungere ad un rimpasto dell'attuale governo occorrerà che siano d'accordo tutti e tre i leader dei partiti che lo sostengono.

Uno dei tre, Giorgos Karatzaferis, il presidente di Laos (di estrema destra), si è già detto d'accordo come lui stesso ha ammesso parlando con il premier. Per quanto riguarda il Pasok, anche Papandreou accetterà, secondo i giornali. Rimane Antonis Samaras, il leader di Nea Dimokratia il quale, a quanto pare, non sarebbe contrario, come lo è invece ad un eventuale prolungamento della durata del governo di Papademos, che in base all'accordo raggiunto dai tre partiti dovrebbe scadere con le elezioni anticipate del 19 febbraio prossimo. Ma l'emergenza economica non è ancora finita e Samaras ha fretta perché pensa di diventare premier e raccogliere i frutti dell'austerità decisa da Papandreou e Papademos.

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