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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2011 alle ore 10:57.

Russia, Francia, Cina e Stati Uniti: l'agenda internazionale per il nuovo anno "rimette in gioco" i leader di quattro dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu (può chiamarsi fuori soltanto il conservatore britannico David Cameron, nonostante qualche asperità con gli alleati liberaldemocratici).
In marzo nelle elezioni presidenziali russe Putin cercherà il suo terzo mandato, pur nel calo dei consensi e nel crescere delle proteste dopo il voto legislativo di dicembre; a cavallo fra aprile e maggio saranno chiamati alle urne i cittadini francesi nella sfida tra il presidente in carica Nicolas Sarkozy e il socialista François Hollande (con Marine Le Pen terzo incomodo all'estrema destra); seguirà in ottobre a Pechino la riunione del Congresso del Partito comunista, da cui è atteso l'annuncio del cambiamento dei maggiori leader cinesi; il 6 novembre infine si voterà negli Usa per la conferma di Barack Obama o il ritorno di un repubblicano alla Casa Bianca.
«Con i più importanti leader del mondo preoccupati di guardarsi dentro casa propria – si legge nell'editoriale dell'annuario "The World in 2012-The Economist" – non c'è molto da aspettarsi dalle conferenze globali e dai vertici internazionali». I Paesi dell'Eurozona, zavorrati dalla crisi del debito, registrano una crescita piatta o quasi, che diventa recessione in Italia, Grecia e Portogallo. Per il decimo anniversario dell'entrata in circolazione dell'euro – 1° gennaio 2012 – sarà coniata una moneta commemorativa da due euro, ma senza altre particolari celebrazioni. Ben lontani dunque dalle "magnifiche sorti progressive" per l'unione monetaria annunciate un po' da tutti dieci anni fa. "Il Sole 24 Ore" del 2 gennaio 2002 pubblicava un inserto speciale sull'euro, titolando: "Il grande volo della moneta unica" e un articolo di Marco Niada, corrispondente da Londra, illustrava la posizione del premier laburista Tony Blair, favorevole all'adesione, nonostante i cittadini britannici fossero in maggioranza contrari (se l'economia supererà i 5 test del cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown – spiegava Niada - il Governo raccomanderà il "sì" nel referendum che si dovrebbe tenere nell'autunno 2003).
Pochi giorni fa il portavoce della Commissione Ue Olivier Bailly ha comunque precisato che «quella dei mercati non è una crisi dell'euro, ma un problema di fiducia sulla capacità degli Stati europei di superare la crisi del debito sovrano». L'euro, ha proseguito, «è la moneta di 322 milioni di cittadini in 23 Paesi, perché oltre ai 17 dell'Eurozona bisogna aggiungere Vaticano, San Marino, Liechtenstein e Andorra - che comincerà a coniare la moneta dal 2013 - oltre che Montenegro e Kosovo». Grazie all'euro, ha aggiunto Bailly, «l'inflazione in questi anni è restata sotto il 2%, quando in precedenza in diversi Paesi aveva superato il 10%; l'assenza del cambio di valuta permette alle nostre economie di risparmiare costi per 25 miliardi di euro l'anno».
Ma per effetto della rotazione alfabetica delle presidenze Ue, dal 1° gennaio 2012 per un semestre toccherà a un Paese che sta fuori dall'Eurozona - la Danimarca – la guida dell'Unione in uno dei momenti più critici della sua storia (un referendum sull'euro si era tenuto in Danimarca nel settembre 2000, con il risultato del 53,2% di voti contrari). Copenaghen – ha detto il ministro danese degli Affari europei Nicolai Wammen - intende agire «come un ponte sopra le acque agitate» della Ue, per «preservare l'unità tra i 17 Paesi della zona dell'euro e gli altri dieci». E in un'intervista a un giornale danese la premier Helle Thorning Schmidt ha spiegato che «il successo della presidenza si vedrà se, nonostante la crisi, fra sei mesi l'Europa dei 27 avrà preso iniziative importanti, che ci fanno andare avanti».
Priorità della presidenza danese saranno i negoziati per preparare il nuovo trattato, che sarà intergovernativo, come quello che ha dato vita all'area di libera circolazione Schengen. «Il ruolo guida dei lavori spetta al presidente del Consiglio (Herman van Rompuy), ma la presidenza danese lo assisterà in tutti i modi possibili», ha precisato il ministro Wammen. Nonostante l'autoesclusione di Londra, «la Gran Bretagna è stata invitata a partecipare ai lavori e il premier David Cameron ha accettato di prendere parte alle discussioni tecniche».
Alla Danimarca succederà dal 1° luglio prossimo, per sei mesi, Cipro. L'isola è ancora divisa in due dopo i fatti dell'estate 1974, quando un colpo di stato pilotato dalla Giunta militare all'epoca al potere ad Atene, provocò l'intervento armato di Ankara nel Nord del Paese. Già nei mesi scorsi la Turchia ha minacciato di congelare le proprie relazioni verso la Ue con l'inizio della presidenza cipriota, se i negoziati di pace per la riunificazione dell'isola non saranno conclusi (ma finora Ankara ha rifiutato ogni concessione diplomatica per risolvere la questione). E non aiuta a disinnescare la tensione lo scontro diplomatico con la Francia, per la legge approvata dall'Assemblea nazionale che punisce chi nega il genocidio armeno di inizio Novecento.
Spetterà invece agli Stati Uniti nel 2012 la presidenza del G-8: il summit dei capi di Stato e di Governo si terrà in maggio a Chicago, in abbinamento con il vertice della Nato. Il Messico assume invece la presidenza del G-20 (nel 2011 le due presidenze sono state entrambe garantite dalla Francia). Già fissata anche la sede del vertice annuale dei "20", che avrà luogo il 18 e 19 giugno a Los Cabos, uno dei cinque comuni della Bassa California del Sud dove ci sono alcune delle più famose località balneari del Paese.
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