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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2012 alle ore 06:36.

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Che cosa ha in serbo il 2012 per l'economia mondiale? Cominciamo dando un'occhiata ai malandati Paesi ad alto reddito. C'è qualche buona ragione per prevedere una ripresa solida? Nessuna. La crisi dell'eurozona potrebbe sfociare in un disastro che avrebbe ripercussioni sul mondo intero, e anche la ripresa Usa probabilmente sarà fragile. L'ombra di tutto quello che è successo prima del 2007 è lenta a dissolversi.

Le previsioni di dicembre sono molto negative. I dati più recenti sulle prospettive di crescita per l'anno appena iniziato sono molto più bassi di quello che ci si aspettava un anno fa, in particolare per l'eurozona, destinata, secondo le previsioni, a cadere in recessione: Italia e Spagna probabilmente vedranno contrarsi il Pil, mentre Francia e Germania dovrebbero registrare una crescita trascurabile; il Regno Unito si troverà nella stessa situazione dei due Paesi più importanti dell'area euro.

Solo il Giappone e gli Stati Uniti potranno sfoggiare qualcosa di vicino a una crescita economica ragionevole; nel caso degli Stati Uniti a dicembre era prevista una crescita del 2,1%, in rialzo rispetto all'1,9% di novembre.
Contestualizziamo questi dati: nel terzo trimestre del 2011 il Canada è stato l'unico dei Paesi del G-7 a poter vantare un livello di prodotto interno lordo nettamente superiore al tetto massimo raggiunto prima della crisi; l'economia americana e quella tedesca erano leggermente al di sopra dei massimi pre-crisi e la Francia lievemente al di sotto; il Regno Unito, il Giappone e l'Italia invece restano largamente al di sotto. Ripresa? Quale ripresa?

Eppure, il tasso di interesse più alto applicato dalle quattro banche centrali più importanti in questo momento è il misero 1% della Bce, e tutte e quattro hanno incrementato notevolmente il loro stato patrimoniale. Tra il 2006 e il 2013 il rapporto fra debito pubblico e Pil crescerà di 56 punti percentuali nel Regno Unito, 55 in Giappone, 48 negli Stati Uniti e 33 punti in Francia. Perché politiche tanto drastiche hanno prodotto risultati tanto modesti?

Su questo argomento infuriano dibattiti ideologici. Il modello teorico dominante sostiene che una crisi finanziaria non può verificarsi, e che anche se si verifica non ha alcuna importanza, a patto di non lasciar crollare l'offerta di moneta intesa in senso lato. Secondo questa lettura degli eventi, le economie attualmente sono frenate soltanto da rigidità strutturali e incertezze generate dalle misure politiche. A mio parere è una favola per bambini, basata su teorie che riducono il capitalismo a un'economia di baratto occultata da un sottile velo monetario.
Trovo assai più convincenti quelle teorie che accettano il fatto che le persone possano commettere grossi sbagli. La grande divisione è fra quelli - i seguaci della scuola austriaca - che ritengono che chi sbaglia sono i Governi e la soluzione consiste nel lasciare che tutto l'edificio finanziario venga giù, e quelli - i post-keynesiani - che sono del parere che un'economia moderna sia instabile di per sé e che lasciar crollare tutto quanto ci riporterebbe agli anni 30. Io sono decisamente dalla parte di questi ultimi.

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