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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2012 alle ore 08:10.

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L'Italia sta facendo la propria parte e continuerà a farla, ma potrà proseguire ancora meglio il proprio percorso di risanamento e crescita se l'Europa farà presto la sua di parte. Compiti a casa e lavoro comune: proprio come un buon preside Mario Monti sa che la classe Europa porterà a termine il suo programma e si tirerà fuori dalle sue difficoltà se ci sarà sinergia tra l'azione interna dei singoli Paesi e quella comune di cui si dovrà far carico l'Unione europea.

È con questa convinzione che il premier, incontrando venerdì scorso Nicolas Sarkozy, ha avviato i colloqui che lo vedranno nel giro di 15 giorni incontrare prima Angela Merkel, poi David Cameron e infine ancora il presidente francese e il Cancelliere tedesco in un triangolare a Roma. Un'agenda che è già il segnale della credibilità riconquistata dell'Italia. Ma ora quella credibilità va spesa e fatta fruttare.

Per farlo, Monti ne è convinto, «non possiamo pensare di andare da Francia e Germania e dire: noi abbiamo fatto la nostra parte, ora tocca a voi». «No - ripete Monti nel preparare con i suoi collaboratori i futuri incontri -, non è quello l'approccio giusto. Qui ciascun Paese ha fatto delle cose, e noi certamente ne abbiamo fatte tante, credo davvero più di ogni altro, ma tutti dobbiamo continuare a fare i nostri compiti e in più tutti dobbiamo prendere insieme le misure necessarie a livello europeo».

Misure fondamentali queste ultime. Da approvare «in tempi rapidi». Perché solo l'azione comune a difesa dell'euro potrà produrre un significativo abbassamento dei tassi, aiutando i singoli Paesi sulla strada del consolidamento dei propri conti.

«L'Italia - osserva Monti - ha fatto diverse manovre nel 2011 e con il decreto di dicembre ha raggiunto un consolidamento davvero strutturale dei conti pubblici. Anche venerdì scorso in Francia abbiamo potuto constatare l'ammirazione che c'è in Europa per gli sforzi fatti. Ma non per questo ora possiamo fermarci». C'è l'operazione crescita da avviare, «che si articolerà in una serie di provvedimenti da approvare nei prossimi due mesi e in parte entro il 23 gennaio: liberalizzazioni, infrastrutture, riforma del mercato del lavoro su tutto».

Ma contemporaneamente «dobbiamo lavorare insieme ai nostri partner europei, tra Commissione e Consiglio, per migliorare quello che non ha funzionato nella governance dell'eurozona». Lavori, quello interno e quello europeo, tra i quali - insiste Monti - c'è una stretta relazione. Ed è proprio il caso italiano ad evidenziarlo.

«La convinzione con cui la nostra opinione pubblica potrà aderire alle misure che abbiamo varato e che proporremo a breve sarà tanto più forte se saranno visibili i frutti di quelle misure. E i frutti saranno visibili se i tassi di interesse scenderanno dall'attuale 7 per cento, un tasso ancora eccezionalmente elevato. Ma cosa deve accadere perché ciò avvenga?».

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