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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2012 alle ore 14:45.

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BRUXELLES - Al Congresso di Vienna, secondo una ricostruzione francese degli anni Venti, parteciparono 15 membri di famiglie reali, 200 principi e 216 capi di missione diplomatica. Era il 1815, e il consesso doveva rimodellare l'Europa dopo le guerre napoleoniche. Oggi, l'Unione si vuole dotare di una nuova disciplina di bilancio, con la scrittura di un nuovo trattato intergovernativo. L'ambizione è minore, l'assemblea meno nobile, ma i negoziati (quasi) altrettanto complessi.

Chi sono le persone che da tre settimane stanno lavorando per mettere a punto una nuova intesa internazionale, voluta da Parigi e Berlino per rassicurare i mercati? Per ora, le trattative su un accordo che il presidente francese Nicolas Sarkozy ha definito «una tappa decisiva verso l'integrazione europea» si svolgono tra alti funzionari. A metà dicembre è stato creato un gruppo ad hoc, nato sulla base dell'Eurogroup Working Group, l'organismo che raggruppa i Tesori della zona euro.

Al gruppo di lavoro partecipano i 26 Governi dell'Unione che si sono detti pronti a sottoscrivere la nuova intesa, a cui bisogna aggiungere i rappresentanti della Banca centrale europea, della Commissione e del Parlamento. La Gran Bretagna, che ha preso le distanze dall'iniziativa, siede in qualità di osservatore. Si è deciso che ogni delegazione fosse composta da tre persone. In tutto quindi intorno al grande tavolo dei negoziati a Bruxelles siedono circa 90 persone.

Voluto da Berlino, sostenuto da Parigi, temuto (per certi versi) da Roma, il trattato - o meglio la scrittura del trattato - è in mano a un lussemburghese. Il caso vuole che a presiedere i lavori sia Georges Heinrich, direttore del Tesoro in Lussemburgo. Ha assunto l'incarico perché vice presidente del Comitato economico e finanziario in un momento in cui il Cef, che raggruppa i direttori del Tesoro dell'Unione, è senza presidente, in attesa che l'austriaco Thomas Wieser subentri all'italiano Vittorio Grilli.

Tendenzialmente, a guidare le delegazioni è il rappresentante permanente presso l'Unione (nel caso italiano, Ferdinando Nelli Feroci). Ma non sempre è così. La delegazione tedesca per esempio è capeggiata dallo stesso consigliere per gli affari europei del cancelliere Angela Merkel, Nikolaus Meyer-Landrut. Nella riunione di due giorni fa la Bce è stata rappresentata da Jörg Asmussen, il nuovo membro (tedesco) del comitato esecutivo dell'istituto monetario.

In molti casi le delegazioni sono composte da rappresentanti dei ministeri degli Esteri e dell'Economia. Si scontrano ambizioni personali e visioni diverse. Mentre gli economisti guardano alle tensioni sui mercati, e spesso considerano le questioni giuridiche come inutili orpelli, tanto più nel pieno della più grave crisi finanziaria dal 1929, i diplomatici sanno che la scrittura di un trattato è una strada ricca di tranelli, e che articoli o commi possono nascondere impensabili impegni per il proprio Paese.

Inoltre, il lussemburghese deve gestire la questione inglese. Londra ha deciso di non firmare il nuovo trattato, ma vuole partecipare alle discussioni per evitare di rimanere isolata. Due giorni fa ha partecipato attivamente ai lavori. Commenta un esponente brussellese: «Gli inglesi sono pragmatici. Vogliono godere del massimo di flessibilità. Non escludo che a un certo punto rientrino nel gioco. Il problema è che il Governo dovrà spiegare al Paese cosa nel frattempo ha tratto dalla sua scelta».

L'obiettivo del gruppo di lavoro è di mettere a punto entro fine mese un accordo che i capi di Governo possano recepire integralmente. Nel caso non fosse possibile, il Consiglio europeo dovrà mettere mano al testo. Forse anche per i trattati vale quello che Otto von Bismarck - nato nell'anno del Congresso di Vienna - diceva delle leggi: «Gesetze sind wie Würste, man sollte besser nicht dabei sein, wenn sie gemacht werden»; liberamente tradotto: le leggi sono come le salsicce, è meglio non sapere come vengono preparate.

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