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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2012 alle ore 18:55.
L'ultima modifica è del 11 gennaio 2012 alle ore 11:02.

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Referendum sì, referendum no. Slitta a domani la decisione della Corte Costituzionale sull'ammissibilità del referendum sulla legge elettorale. I 15 giudici della Consulta, riuniti da mercoledì mattina in camera di consiglio per decidere la sorte dei due quesiti per l'abrogazione parziale o totale del cosiddetto Porcellum, hanno sospeso la seduta e rinviato a giovedì ogni decisione.

Questa mattina era durata meno di due ore la camera di consiglio partecipata con l'audizione presso i giudici della Corte Costituzionale delle parti, in relazione ai quesiti referendari per abrogare la legge elettorale targata Calderoli. I giudici della Corte Costituzionale si sono poi riuniti in camera di consiglio a Palazzo della Consulta, per la decisione sull'ammissibilitá dei quesiti. La camera di consiglio è aggiornata domani alle 9,30.

Palumbo: prima del "no" pensarci un milione e duecentomila volte
Il primo a prendere la parola questa mattina è stato Sabino Cassese, relatore della questione sottoposta al vaglio della Corte. Un intervento che i legali rappresentanti del comitato promotore hanno definito «neutro» e «breve» nel quale il giudice della Consulta si è limitato a indicare gli argomenti oggetto della discussione. Una relazione «estremamente asettica», ha commentato il professor Alessandro Pace. Poi è toccato agli avvocati, che hanno illustrato le ragioni messe nero su bianco nelle memorie consegnate agli atti. «Prima di dire di no» ai quesiti referendari «bisogna pensarci tante volte, con almeno un milione e duecentodiecimila ragioni», ha detto al termine dell'udienza il professor Vincenzo Palumbo.

Parisi: siamo in rispettosa attesa, convinti delle nostre ragioni
«Siamo in rispettosa attesa, convinti delle nostre ragioni», ha sottolineato Arturo Parisi, esponente Democratico, parte attiva del Comitato promotore dei referendum elettorali. Parisi si è detto confortato «dai giudizi convergenti della dottrina».

Calderoli: referendum inammissibile, lascerebbe vuoto legislativo
Il referendum elettorale è inammissibile perché lascerebbe «un vuoto legislativo che la nostra Costituzione non accetta in materia elettorale», è la tesi del senatore della Lega, Roberto Calderoli, padre dell'attuale legge elettorale, da lui battezzato "Porcellum".

Di Pietro a Radio 24: rispetterò la decisione della Corte
«Rispetterò la decisione della Corte - ha sottolineato Antonio Di Pietro, ospite a 24 mattino su Radio 24 - ma mi preoccupa il clima creato attorno al tema». Di Pietro è tornato a chiedere «una legge elettorale in cui si deve sapere prima qual é la coalizione, il programma e il premier che deve guidare la coalizione, mentre i partiti maggiori vogliono tornare al proporzionale. Il che vuol dire: tu elettore mi voti e dopo che mi hai votato io mi accordo con questo o quell'altro partito. È un voto al buio, come - ironizza - un matrimonio per corrispondenza con il migrante che sta in Australia».

Che cosa chiedono i due quesiti referendari
Il primo quesito chiede l'abrogazione completa del Porcellum, la legge Calderoli del 2005, che modificò le precedenti norme elettorali per Camera e Senato. Secondo i promotori, con la cancellazione dell'ultima legge tornerebbe automaticamente in vigore quella precedente, il cosiddetto Mattarellum del 1993, che prevede l'assegnazione del 75% dei seggi col sistema uninominale maggioritario e del restante 25% col proporzionale di lista. Il secondo quesito invece abroga solo alcune parti della legge Calderoli.

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