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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2012 alle ore 16:22.

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Francesco Schettino e Gregorio De FalcoFrancesco Schettino e Gregorio De Falco

L'ufficiale buono della tragedia Concordia, la nave affondata davanti all'isola del Giglio venerdì scorso, si chiama Gregorio De Falco, capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, uomo sottile con la pelata pronunciata, orgini napoletane, dal 1993 uomo di mare per professione. È De Falco che la notte del naufragio del grattacielo sull'acqua con più di quattromila persone a bordo, prima sprona e poi assale il comandante Francesco Schettino, il marinaio fuggiasco presunto responsabile della tragedia au cui pesa l'accusa di aver abbandonato la nave nelle ore in cui De Falco gli intimava di tornare a bordo.

«Non è la prima volta che i comandanti di navi, in situazioni di difficoltà, tendono a sminuire e ad essere per così dire silenziosi e reticenti» dice De Falco al quotidiano Il Tirreno. Sembra infatti che un comandante, quando si trova in affanno, provia a rendere meno evidente la gravità della situazione. Proprio come ha fatto Schettino. De Falco elogia la sua squadra di cinque persone «la migliore che potessi avere - dice De Falco emozionato - ciononostante non siamo riusciti a portare a termine fino in fondo il nostro dovere, quello di salvare tutti. La mia vocazione è il soccorso e non sono soddisfatto se non porto tutti a casa. Purtroppo ci sono stati dei morti».

Nell'intervista con il Tirreno, De Falco ripercorre quelle ore: «Nella nostra sala operativa abbiamo una complessa strumentazione che ci permette di monitorare le navi passo dopo passo. È quello che abbiamo fatto dopo che ci è arrivato l'allarme da una passeggera della Concordia, tramite i carabinieri. E così ci siamo accorti che la nave era molto vicina alla costa, che stava rallentando e già procedeva a velocità molto lenta. Inoltre, il fatto che il comandante parlasse di guasto elettrico non tornava con l'invito ai passeggeri di indossare i giubbotti di salvataggio. Un comandante serio non può far preoccupare inutilmente i suoi passeggeri facendo loro indossare i giubbotti se non è necessario». De Falco spiega anche come ha capito che Schettino stava mentendo.

«Più delle parole ci ha preoccupato il tono. Per questo abbiamo approfondito la cosa. Siamo abituati ad andare a fondo alle questioni. Infine: «Abbiamo fatto solo il nostro dovere, cioè portare a regime il soccorso. La Capitaneria è un'istituzione sana, bellissima, semplice: io sono innamorato del lavoro che faccio». La giornalista del Tirreno ricorda che De Falco ha usato parole dure contro Schettino. «Posso solo dire - si schermisce il comandante della capitaneria - che il nostro scopo in quel momento era quello di mettere tutti al sicuro: era questa la nostra unica priorità».

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