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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2012 alle ore 09:25.

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(Reuters)(Reuters)

Dal nostro inviato Lina Palmerini
NEW YORK. «Penso di averli convinti, penso di sì anche se loro non lo dicono seduta stante». La missione di marketing politico-finanziario di Mario Monti ieri a New York ha trovato la sua giornata cruciale negli incontri con il top degli investitori americani. È di loro che parla il premier quando, fiducioso, dice di averli convinti della svolta italiana in termini di rigore di bilancio e riforme strutturali sul mercato interno.

Ma la giornata di Mario Monti comincia con una tavola rotonda con l'editorial board del New York Times che conferma come l'offensiva mediatica sia uno dei punti chiave della sua strategia di "vendita" del prodotto Italia. Una nuova immagine, insomma, è quella che il premier deve diffondere su larga scala, come dimostrano le interviste al prestigioso quotidiano della Grande Mela e al Time, ma anche nei circoli più ristretti del mondo finanziario. Riuscire a finanziare il debito pubblico italiano e quindi collocare i quasi 400 miliardi di euro di titoli di Stato in scadenza da aprile e fino alla fine dell'anno è, in cifre, l'obiettivo urgente del Governo.

E in funzione di questo che il clou della giornata di Monti è stato nella sede di Bloomberg dove ha avuto un meeting con circa 25 top manager e investitori di Wall Street tra cui George Soros, oltre i principali ad di banche di investimento e fondi. È uscendo dall'incontro che dice di sperare di «averli convinti». Dunque ottimismo sull'andamento delle prossime aste di titoli di Stato italiani anche in ragione di ciò che sta già accadendo sulle piazze finanziarie. «A giudicare dall'andamento del mercato qualcuno deve avere già investito. Penso che l'opinione dei mercati così come le autorità degli altri Governi si stanno formando sulla serietà con cui l'Italia sta affrontando i suoi problemi, non possa che far aumentare l'atteggiamento positivo verso tutto ciò che è italiano, inclusi i titoli di Stato».

C'è da dire che il premier ha affrontato la visita americana, a Washington prima e ieri a New York, con un andamento dello spread che è stato tra i migliori degli ultimi mesi, soprattutto se paragonato a quel livello massimo di 574 punti che raggiunse il 9 novembre. Ieri c'è stato un piccolo rimbalzo dopo il livello minimo (344) che lo ha accompagnato alla Casa Bianca nel suo incontro con Barack Obama.

«C'è molto interesse per l'Italia e per il mercato italiano una volta che l'economia si consoliderà nel suo miglioramento ma già oggi c'è questo interesse». Una frase un po' cifrata che sottintende come negli investitori resti il grande interrogativo sul medio-lungo termine italiano: ossia cosa accadrà dopo Monti? Riuscirà il premier a mettere strutturalmente su un percorso virtuoso l'Italia? Sono state queste le domande che più spesso Monti si è sentito rivolgere e su cui ha potuto garantire solo in parte. Anche perché c'è un contesto europeo che non ha ancora preso una direzione definitiva sia sulla difesa dell'euro attraverso i firewall sia sull'obiettivo crescita attraverso la creazione di un mercato unico. Ed è l'Europa anche il grande interrogativo del mondo finanziario americano che vede da molto vicino la crisi dell'euro e i suoi effetti sulla finanza americana. Su questo fronte, anche su questo, hanno trovato in Monti un punto di riferimento adatto a mediare gli interessi comunitari con quelli tedeschi.

Meno preoccupante invece la decisione di ieri del taglio del rating da parte di Standard & Poor's di 34 banche italiane. «È in gran parte un effetto atteso di precedenti decisioni» ha minimizzato il premier che dopo la sua ultima tappa "finanziaria" a Wall Street dove ieri ha sventolato anche la bandiera italiana ha incontrato i vertici dell'Onu a cominciare da Ban Ki Moon. In serata l'ultimo appuntamento al consolato con la comunità italo-americana, poi il volo di ritorno per l'Italia in attesa di una primissima conferma del suo ottimismo già nella prossima asta dei titoli di lunedì.
Prima però c'è spazio per un'ultima intervista alla Cnbc. «L'ipotesi di un default italiano e l'uscita dell'Italia dall'euro fanno parte della fiction» ha detto Monti rispondendo alle domande del canale finanziario. «Non credo ci sarà un default della Grecia, ma a prescindere non vedo la sua uscita dall'euro» e comunque «la distanza fra Grecia e Italia è enormemente più grande oggi di quanto non fosse» in autunno e dunque «non credo che ci sia alcun automatico riflesso che leghi» i due Paesi.

Poi il premier è tornato a parlare di mercato del lavoro. «Intendiamo, speriamo con l'accordo delle parti sociali, portare a termine la riforma del lavoro entro la fine di marzo» per rendere il mercato «più flessibile e moderno» ha ribadito Monti. Infine gli istituti di credito. «Le banche nei Paesi che sono altamente indebitati sono più vulnerabili, ma le banche italiane sono state meno colpite di altre».

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