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Questo articolo è stato pubblicato il 29 febbraio 2012 alle ore 17:42.

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(LaPresse)(LaPresse)

Il nome della Costa. Gli incidenti che in poche settimane hanno azzoppato lo storico marchio italiano, trascinato ancor più a fondo dalla durezza dei commenti in rete, moltiplicano le voci sulle probabili mosse di Carnival: cedere il marchio? Eliminarlo? Secondo alcuni analisti, no, non sarebbe il caso: si getterebbe così a mare il patrimonio di credibilità costruito negli anni. Il rebranding, allora. Trasformare il marchio, che non significa solo (o per forza) rinnovare il logo o il nome, cambiarsi d'abito. Ma un lavoro complesso, che faccia ripensare il brand, affronti discorso identitario, percezione della clientela, qualità dei prodotti, aspetto del servizio, sensazioni, e tanto altro. La goccia deve scavare la pietra della diffidenza, in primis sul web: ieri era già partito su Twitter il #Rename Costa, con suggerimenti del tipo: "Costa Maledetta", "Costa Troppo Vicina" o Cost Away".

Il caso McDonald's
Gli incidenti sono un valido motivo per scegliere il rebranding, ma possono esserlo anche gli insuccessi o le imparabili critiche esterne. Gli esempi sono vari. McDonald's non ha cambiato nome ma, scrive BusinessInsider, può dirsi uno dei migliori esempi di rebranding. Nel corso degli anni, infatti, la sua immagine era stata intaccata dai giudizi di nutrizionisti e genitori preoccupati della salute dei figli. Il documentario Super Size Me aveva poi assestato un colpo spettacolare. McDonald's ha prima rinnovato la propria offerta ristorativa, con insalate e altre opzioni salutiste in aggiunta ai classici menu.

Gli slogan "I'm lovin it" e "what we're made of" hanno avuto successo, accompagnati dal rinnovamento dei locali, dove ci sono divanetti e wifi, e si può gustare un caffè con calma, come da Starbucks. Una trasformazione da fast-food a casual restaurant.

Il caso negativo: Blackwater si fa un'immagine cattiva in Iraq, diventa Xe Services ma continuano a essere chiamati ex Blackwater
Il rebranding completo, con cambio di nome, è stato per esempio scelto – ma con scarsi risultati - dalla società di contractor Blackwater. I suoi dipendenti furono accusati di operare fuori dalle regole, con tecniche troppo aggressive, testimoniate dall'uccisione di 17 civili iracheni nel settembre 2007. Blackwater, finita anche sotto inchiesta del Congresso, ha poi continuato a lavorare con il nome di Xe Services. Per cercare di cancellare l'immagine negativa, da spietati mercenari. Dopo una lunga ricerca, il nome Xe è stato scelto perché – ha dichiarato un portavoce della società – non ha alcuna connotazione. Il passaggio è stato annunciato nel febbraio 2009, ma non ha aiutato a far dimenticare il vecchio nome. E si è continuato a riferirsi alla compagnia come alla ex-Blackwater. Tanto da spingere nel dicembre 2011 il nuovo presidente e chief executive Ted Wright a un ulteriore battesimo: Academi («con riferimento all'accademia di Platone; per essere più boring»).

Il caso Northern Rock: meglio Virgin Money
D'altra parte cambiare nome non significa solo cambiare marchio. Il rebranding deve agire in profondità, a livello di cultura di business. Così ha spiegato di recente Richard Branson, impegnato nel lancio di Virgin Money, la nuova banca del gruppo, nata con l'acquisto di Northern Rock. La banca inglese, presa d'assalto dai correntisti nel 2007 (soltanto il 14 settembre furono prelevati 1,17 miliardi di euro) sull'onda della crisi finanziaria, era stata nazionalizzata nel 2008 per poterla in seguito rimettere sul mercato in condizioni economiche migliori. Branson, che l'ha acquistata di recente, non era certo di voler cambiare il nome storico di Northern Rock, per timore di deludere alcuni clienti. Ma il brand Virgin ha prevalso, come attrattore: forte dell'esperienza e del successo di tutte le altre imprese del gruppo.

Non c'è una regola fissa: con il Chupa chups andò bene
A volte, basta solo cambiare nome, perché il prodotto funzioni. La caramella infilata sul bastoncino di legno (in seguito, plastica), ideata alla fine degli anni '50 dal catalano Eric Bernat e distribuita con il nome "Gol", non vendeva. C'è voluta l'idea di un'agenzia pubblicitaria, con lo spot "me gusta chupa chups", per partorire nel 1961 il nuovo nome. Chupa Chups: un successo. Con un logo a forma di margherita disegnato da Salvador Dalì.

Altre volte, invece, non c'è bisogno di ribattezzare il marchio, per migliorarlo, ma è sufficiente un piccolo maquillage del nome. Kentucky Fried Chicken, brand venduto dal colonnello Harland Sanders nel 1964 insieme alla sua ricetta segreta, da un po' di tempo si è ridotto al semplice acronimo KFC. Perché? Ha ripulito il nome dal "fritto".

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