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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2012 alle ore 15:59.

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Il presidente del Consiglio Mario Monti ha avuto un colloquio telefonico con il premier indiano Manmohan Singh: nel corso della conversazione si è parlato della vicenda dei due marò italiani detenuti in India. L'accusa è di avere ucciso due pescatori indiani in acque internazionali, mentre erano a bordo della petroliera Enrica Lexie in servizio anti-pirateria. Monti ha ribadito al collega indiano l'attenzione e la preoccupazione con cui il governo segue le vicende dei nostri militari. sottolinenado come il presunto incidente, la cui dinamica è ancora tutta da accertare, «è avvenuto in acque internazionali e che la giurisdizione sul caso é, di conseguenza, solo italiana». Su richiesta dell'Italia, l'Unione europea si sta intanto attivando per trovare una soluzione al caso diplomatico. Una portavoce del "ministro degli Esteri" Ue, Catherine Ashton, ha dichiarato: «Stiamo attivando contatti per trovare una soluzione positiva alla vicenda». Secondo il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che è intervenuto sulla questione parlando con i giornalisti a palazzo Giustiniani per l'inaugurazione della mostra sui rapporti tra Stato e Chiesa, per ttenere l'obiettivo di riportare i due marò italiani nel nostro Paese bisogna «evitare incrinature nel rapporto di reciproco rispetto tra Italia e India».

A rischio le missioni anti-pirateria
In una lunga nota Palazzo Chigi spiega che il colloquio è avvenuto su iniziativa di Monti, il quale «nel ribadire al premier indiano la massima attenzione e preoccupazione con cui il Governo segue le vicende dei marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ha ricordato che il presunto incidente - le cui dinamiche sono ancora tutte da accertare - è avvenuto in acque internazionali e che la giurisdizione sul caso è, di conseguenza, solo italiana. Nel sottolineare che i due militari erano impegnati in una legittima missione internazionale di contrasto alla pirateria, il presidente del Consiglio ha ribadito con forza la ferma aspettativa del Governo per un trattamento dei due marò che rifletta pienamente il loro status».

Dunque «ogni atteggiamento da parte indiana non pienamente in linea con il diritto internazionale - ha poi sottolineato Monti - rischierebbe di creare un pericoloso precedente in materia di missioni internazionali di pace e di contrasto alla pirateria, missioni in cui sono impegnati anche militari indiani, mettendone a repentaglio l'efficacia e le capacità operative».

L'impegno di Singh per il trasferimento in un'altra prigione
Singh, riferisce ancora la nota di palazzo Chigi, «ha condiviso le preoccupazioni del presidente Monti volte ad evitare che si creino tensioni tra India ed Italia e che la vicenda rechi pregiudizio alla collaborazione tra i due Paesi e alle missioni internazionali di pace e di contrasto alla pirateria. Ha assicurato che presterà la massima attenzione alle richieste del presidente Monti, a cominciare da quella sul trasferimento dei due marò dalla prigione ad altro luogo di custodia adeguato allo status dei due militari».

Caso diplomatico complesso
L'India non riconosce l'immunità legale dei militari impiegati a bordo delle navi con funzioni anti-pirateria «perché l'accordo sui Vdp (Vessel Protection Detachement) non si applica a livello globale». Lo ha detto una fonte ufficiale del governo indiano all'agenzia Ansa. La possibilità che i mercantili possano imbarcare dei nuclei militari di Vpd era stata prevista nelle operazioni anti pirateria dell'Unione Europea e della Nato, «ma non costituisce alcuna base giuridica per l'India» ha precisato la fonte.

Il governo indiano ha quindi ribadito che nel caso dei pescatori uccisi «si applicano le leggi indiane». Prendendo atto delle differenze esistenti tra i due Paesi in merito alla giurisdizione internazionale, «sarà il tribunale competente a decidere» e «qualsiasi sarà il verdetto lo rispetteremo».

Il ministro Terzi: i nostri marò godono dell'immunità Onu
Alle precisazioni delle autorità indiane ha replicato a stretto giro il nostro ministro degli Esteri, Giulio Terzi: per i «militari che operano nel quadro delle risoluzioni Onu», ha spiegato nel corso di una conferenza stampa alla Farnesina, è necessario affermare, sul piano internazionale, il «principio di immunità e giurisdizione nazionale». Un «principio di carattere generale che è ampiamente riconosciuto», ha sottolineato Terzi, «ma che nel caso dei nostri militari trattenuti in India merita di essere riaffermato».

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