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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2012 alle ore 18:06.
L'ultima modifica è del 08 marzo 2012 alle ore 14:20.

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È ancora alta la temperatura nei rapporti tra il Governo e Pdl. Nelle ultime ore è un continuo susseguirsi di chiarimenti ufficiali, colpi di scena, attacchi e dietro-front. Di ufficiale, ci sono le parole di Alfano, il segretario del Pdl, che detta la linea. In serata, nel suo intervento alla scuola di formazione di Gubbio, cerca di fare chiarezza. Punto primo: il Pdl, avverte per sgomberare il campo da fraintendimenti, sostiene Monti lealmente ma «con la schiena dritta» e non si fa dettare l'agenda dal Pd o dall'Udc. Se proprio si vuole parlare di giustizia, che «si apra una grande sessione sul tema dove si parli del ddl anticorruzione che è in Parlamento perchè ce lo abbiamo portato noi ma si parli anche di intercettazioni e giusto processo. Noi chiamiamo sia Pd che Udc in questa sessione, se ne parli in campo aperto». Punto secondo (e Alfano lo dice a chiare lettere): se Pd e Udc «vogliono prendere in mano il governo del Paese devono chiedere il permesso dei cittadini. Se vogliono andare nella stanza dei bottoni - avverte il segretario del Pdl - senza aver vinto le elezioni, noi diciamo di no». Peraltro Alfano non riesce a immaginare che un governo Bersani-Di Pietro-Vendola possa dare una ricetta migliore al Paese. Fin qui la linea generale. Rimane però un fatto, che non è un dettaglio: il premier Mario Monti, da Belgrado, dove in mattinata ha partecipato al vertice bilaterale tra Italia e Serbia, ha messo in guardia le forze politiche che sostengono la maggioranza sul rischio che un allargamento dello spread (politicamente parlando) tra i principali attori possa mettere a repentaglio gli obiettivi di risanamento del bilancio su cui punta l'Italia. Detto, fatto: a Roma l'ex Guardasigilli Francesco Nitto Palma ha raccolto le firme di 46 senatori per presentare una mozione di sfiducia individuale contro il ministro della Cooperazione Andrea Riccardi. Sotto accusa la frase pronunciata ieri dal ministro («Alfano voleva solo creare il caso. Vogliono solo strumentalizzare, è la cosa che mi fa più schifo della politica. Ma quei tempi sono finiti. Loro hanno grossi problemi nel trovare l'accordo sulla legge elettorale»). L'iniziativa è stata frenata da Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello.

Nitto Palma: non intervenire sarebbe stata vigliaccheria
L'iniziativa di Nitto Palma non è del tutto condivisa nel Pdl. «Non mi dissocio - afferma in serata l'ex ministro delle Comunicazioni Paolo Romani - ma è un episodio che poteva essere evitato, anche se le parole di Riccardi non sono certo simpatiche». Intanto il capogruppo del partito al Senato, Maurizio Gasparri, ha buttato acqua sul fuoco, ricordando che le dimissioni del ministro saranno valutate con Alfano (come dire: non è detto che alla fine l'iniziativa abbia un seguito): Gasparri ha poi espresso l'auspicio che ci siano spazi per un chiarimento. Lo scontro, dunque, non sarebbe la soluzione migliore. A tirare il freno a mano dopo che la macchina è stata lanciata ad alta velocità è stato poi lo stesso Nitto Palma. L'ex ministro della Giustizia da una parte ha ricordato che, se non fosse intervenuto con questa raccolta di firme, sarebbe stato un gesto di vigliaccheria, di fonte «a un signore che, senza essere mai stato eletto, con superiorità e moralismo, si permette di dire cose del genere». Dall'altra, però, ha ricordato sul caso Riccardi saranno Gasparri e Quagliariello a prenderere le loro decisioni, insieme a Berlusconi». E poi quella intrapresa, ha concluso Nitto Palma, non è un'iniziativa contro il Governo Monti, ma solo l'espressione di un'amarezza politica.

Riccardi: ciò che viene dal Senato è molto importante
Anche il Governo cerca di evitare che la situazione sfugga da qualsiasi controllo e che gli equilibri saltino. È lo stesso Riccardi a dire che leggerà la lettera dei senatori del Pdl «con tutto il riguardo, l'attenzione e il rispetto che merita perchè quello che viene dal Senato nello spirito di questo governo è molto importante».

Dl semplificazioni: Il Governo tiene e incassa 479 sì
In questa atmosfera, caratterizzata da toni accesi, da colpi di scena, attacchi e dietro front, la squadra Monti tiene dal punto di vista politico e incassa, in occasione della fiducia sul decreto semplificazioni, 479 sì. Il che, alla prova dei conti, significa due volti in più rispetto all'ultimo voto di fiducia del 23 febbraio scorso sul decreto legge milleproroghe. A testimoniare che il problema c'è ed è reale, il fatto che è nel partito di Silvio Berlusconi che si registra la percentuale di assenza più alta. La presenza più massiccia è quella dei deputati del Pd: solo otto assenti, di cui tre in missione.

Il caso no Tav: con le infrastrutture Italia più competitiva
Da Belgrado il premier Monti torna sulla questione no-Tav a ribadisce l'importanza della disponibilità di infrastrutture adeguate per un Paese che punta a crescere. Quella delle infrastrutture, ha spiegato, «è una sfida che anche un Paese come l'Italia deve porsi e vincere se vuole restare integrata e competitiva: le infrastrutture devono essere portare avanti, non arrestate».

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