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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2012 alle ore 08:07.

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di Domenico Lusi
Finiscono sotto chiave 1,5 miliardi di euro in partecipazioni azionarie detenute in Italia dalla famiglia dell'ex rais libico Muammar Gheddafi. Il Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Roma, guidato dal colonnello Virginio Pomponi, ha messo sotto sequestro le partecipazioni dei fondi Liybian Investment Authority (Lia) e Liybian Arab Foreign Investment Company (Lafico) in UniCredit (1,256%), Eni (1,01%), Finmeccanica (2,01%), Juventus (1,5%), Fiat (0,33%) e Fiat Industrial (0,33%), oltre ad azioni privilegiate di queste due società per un controvalore, rispettivamente, di 614.358 e 876.906 euro. Il sequestro preventivo è stato disposto dal giudice della Corte d'Appello di Roma, Domenico Massimo Miceli, su richiesta del Tribunale penale internazionale dell'Aia al fine di risarcire le vittime del regime di Gheddafi, morto lo scorso ottobre durante la guerra civile in Libia.

La rogatoria internazionale che ha portato ai sequestri è stata emanata dal Tribunale dell'Aja nell'ambito del procedimento per crimini contro l'umanità nei confronti dello stesso Gheddafi, del figlio Saif Al Islam, arrestato lo scorso 19 novembre al confine tra Libia e Niger, e del capo dei servizi segreti e cognato di Gheddafi, Abdullah Al Senussi, anche lui arrestato. I beni messi sotto chiave dalle Fiamme Gialle erano stati già congelati in via provvisoria all'inizio dello scorso anno, dopo che due risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu e due regolamenti del Consiglio dell'Unione europea avevano richiesto alla comunità internazionale misure conservative su tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a Gheddafi o a soggetti a lui riconducibili. Ad aprile del 2011, su mandato del Tribunale dell'Aja, la Corte d'Appello di Roma ha incaricato la Guardia di Finanza di individuare beni mobili ed immobili, quote societarie e conti correnti in Italia riconducibili ai tre membri della famiglia Gheddafi. «Il 23 marzo, sulla base di quanto emerso dall'attività investigativa – spiega il colonnello del Nucleo tributario di polizia tributaria, Francesco Vizza - la Corte d'Appello di Roma ha emesso una serie di decreti che hanno portato ai sequestri eseguiti ieri nella capitale e a Torino, Milano, Brescia, Modena e Trapani. Il patrimonio degli imputati dovrà garantire forme di risarcimento per le vittime del regime di Gheddafi».

Tra i beni sequestrati figurano anche le somme depositate dai tre imputati presso una serie di istituti di credito: un conto corrente da 20mila euro e un deposito titoli da 600mila euro presso Banca Ubae a Roma; un conto corrente da 30mila euro presso la filiale bresciana di Ubi Banca; due conti da 90mila euro e da 120mila dollari aperti nella filiale di Abc International di Milano; una serie di conti, tutti in rosso, per un passivo totale di mille euro, alla Bper di Modena. Le Fiamme Gialle hanno anche sequestrato un immobile di Gheddafi a Roma, in via Sardegna, 150 ettari di bosco a Pantelleria (Trapani), alcune automobili e due moto, tra cui una Harley Davidson appartenuta al figlio del rais, Saadi, ex giocatore del Perugia Calcio.

Gli interessi della Libia per l'Italia risalgono a più di trent'anni fa. Era il 1976 quando la Lafico, braccio finanziario di Gheddafi, sbarcò per la prima volta a fare spese, acquistando quote della Fiat. Dall'auto si è poi passati alle banche, al calcio e all'energia. A partire dal 2006 il colonnello ha iniziato a utilizzare anche la Lia, il fondo sovrano costituito per gestire i proventi del petrolio, investendo non solo nel nostro Paese. Nel portafoglio del fondo ci sono azioni UniCredit, Eni e Finmeccanica.

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