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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2012 alle ore 08:26.

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Marcegaglia: testo pessimo, non rinnoveremo i contratti. Nella foto Ansa, il premier Mario Monti con il ministro del Welfare, Elsa Fornero (a sinistra) e la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia (a destra)Marcegaglia: testo pessimo, non rinnoveremo i contratti. Nella foto Ansa, il premier Mario Monti con il ministro del Welfare, Elsa Fornero (a sinistra) e la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia (a destra)

I primi commenti li affida ai siti di due grandi giornali internazionali, il Financial Times e il Wall Street Journal: il testo è «very bad», cioè «pessimo» non è quello «su cui c'eravamo messi d'accordo». E ancora: «Meglio non avere nulla o va cambiato in Parlamento: questa riforma del mercato del lavoro non è ciò di cui ha bisogno il paese». Per arrivare ad un giudizio critico sul governo: «All'inizio andava bene eravamo sull'orlo dell'abisso, è stata recuperata credibilità». Ma su liberalizzazioni e sui tagli alla spesa è stato deludente.
Emma Marcegaglia parla il giorno dopo la presentazione ufficiale del disegno di legge sulla riforma del mercato del lavoro, spiegata mercoledì dal presidente del Consiglio e dal ministro del Welfare in una conferenza stampa. E ribadisce ancora con più veemenza ciò che ripete da giorni: le modifiche ai licenziamenti individuali hanno fatto venire meno l'equilibirio complessivo della riforma che, pur con una serie di problemi, comunque teneva. «Il giudizio è negativo», ha detto ieri pomeriggio alla Camera dei deputati, intervenendo alla presentazione del Quarto Rapporto Luiss sulla classe dirigente.

Il testo del disegno di legge, ha spiegato, non è quello al quale avevano aderito le parti sociali, con l'eccezione della Cgil, nell'ultimo incontro con il governo, il 22 marzo. Nel vertice notturno di martedì tra Monti e i tre partiti che lo sostengono, Pdl, Pd, Udc, si è introdotto un meccanismo di reintegro anche per i licenziamenti economici. «Ci aspettavamo che il governo tenesse. O si ha la capacità di riforme vere, o si fanno mezze riforme che la mediazione politica porta a fare sempre al ribasso. Il paese non si evolve, non risolve i suoi problemi».
Primo fra tutti, la disoccupazione. «Se la riforma resta confermata, il rischio è che molte imprese non solo non creeranno nuova occupazione, ma non saranno nemmeno nella condizione di rinnovare i contratti in essere perché il provvedimento, così modificato dal governo, fa paura alle aziende che temono aumenti di contenziosi e vertenze». Non solo: «Molte imprese mi stanno chiamando per sapere quando entrerà in vigore la riforma. Con l'incertezza che provoca c'è anche la possibilità che le aziende non rinnovino i contratti a termine, gli accordi con le partite Iva, i contratti a progetto». La riforma, secondo la Marcegaglia, «non coglie la complessità del mondo del lavoro». E va modificata in Parlamento: «Se fai una riforma del mercato del lavoro, le imprese sono deluse e pensano di non assumere un problema c'è». Il nuovo testo, ha spiegato la Marcegaglia, mantiene gli irrigidimenti in entrata, resta la sparizione della mobilità e sulla flessibilità in uscita «i passi avanti sono veramente minimali».

A bocciare il provvedimento è anche Alberto Bombassei, vice presidente di Confindustria per i rapporti sindacali: «Delude il mondo delle imprese». La «lunghissima» trattativa è «forse un equilibrio tra le forze in campo» ma non ha prodotto una riforma «in grado di aumentare la propensione a generare lavoro stabile e meno precario. Irrigidisce l'ingresso nel mondo del lavoro, ne aumenta il costo senza eliminare l'anomalia dell'articolo 18». Bombassei però si chiede anche se le imprese «abbiano fatto tutto il possibile». E aggiunge: «Coloro che hanno continuato ad affermare che l'articolo 18 non è un problema e che nelle loro aziende non è stato mai ridotto il personale credo abbiamo la responsbilità di aver contribuito a creare confusione e incertezza. Molte aziende stano soffrendo, negare i problemi non è il modo migliore di rappresentarle».
Concludendo la presentazione del Rapporto sulla classe dirigente, la presidente di Confindustria ha insistito sulla necessità di andare avanti con le riforme per la crescita: secondo il Centro studi confederale, ha ricordato, con le riforme si può arrivare al 2030 con una crescita del 2,5% all'anno. «C'è però una carenza di leadership politica, con i partiti ripiegati sulla dimensione nazionale», ha scritto nell'introduzione al Rapporto. All'appuntamento erano presenti oltre al presidente della Camera, Gianfranco Fini, il Rettore della Luiss, Massimo Egidi, il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, il presidente della Piccola industria di Confindustria, Vincenzo Boccia, il presidente di Rete Imprese Italia, Giuseppe De Rita, il numero uno dei Federmanager, Giorgio Ambrogioni.

IMPRESE SUGLI SCUDI

Le critiche degli industriali
Il giorno dopo la presentazione del Ddl sulla riforma del mercato del lavoro, arriva la durissima presa di posizione della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia che boccia il testo del Governo e chiede un intervento del Parlamento. Il rischio, secondo la numero uno degli industriali, è che il riassetto non aumenti l'occupazione ma spinga le imprese a non rinnovare i contratti per paura di vertenze e contenziosi. Le aziende lamentano in particolare l'irrigidimento della flessibilità in entrata e l'aumento dei costi per i contratti flessibili che, uniti al ritocco sulla flessibilità in uscita, squilibrerebbe, a detta degli industriali, tutta la riforma

La delusione sull'articolo 18
Sul banco degli imputati è finito poi il compromesso adottato dall'esecutivo sull'articolo 18. Gli industriali avrebbero infatti voluto una soluzione più netta, con il reintegro per i licenziamenti discriminatori e nulli e l'indennizzo sul resto. Accettando, invece, per senso di responsabilità, che fosse introdotta sui disciplinari la possibilità di reintegrare il lavoratore. Prima, rimarca la leader degli industriali, c'era un equilibrio tra licenziamenti e precarietà. Ora, invece, è il ragionamento delle imprese, bisognerà vedere come i magistrati interpreteranno la norma e non c'è certezza, per com'è scritta, che ci saranno meno reintegri

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