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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2012 alle ore 21:44.

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Daniela Cantamessa (Ansa)Daniela Cantamessa (Ansa)

L'acquisto di auto, le spese per le cure mediche, la ristrutturazione della casa di Gemonio, i costi sostenuti per far conseguire il titolo di studio al Trota: tutto denaro uscito dalle casse del partito e destinato alle spese dei familiari di Umberto Bossi. Le due segretarie - quella amministrativa della Lega, Nadia Dagrada, e quella particolare di Umberto Bossi, Daniela Cantamessa - confermano punto per punto gli episodi relativi all'uso «disinvolto» dei finanziamenti pubblici alla Lega Nord emersi dalle intercettazioni.

La segretaria Dagrada: nelle casse del partito anche soldi in nero
E inguaiano il senatùr, sottolineando che in cassa entravano «anche soldi in nero» e rivelando che il leader del Carroccio fu «avvisato» delle irregolarità commesse da Belsito, il «tesoriere pazzo» come lui stesso si definisce in una telefonata intercettata dai carabinieri.

Interrogata come persona informata dei fatti dai pm di Milano e di Napoli - Paolo Filippini e Henry John Woodcock - nella sua abitazione milanese alle 7 del mattino del 3 aprile, proprio mentre nella sede di via Bellerio erano in corso le perquisizioni, Dagrada ha riferito nei dettagli sia le vicende di cui è a conoscenza direttamente, sia quelle apprese dalla viva voce del tesoriere Francesco Belsito.

E ha chiamato in causa i familiari del senatùr e il vicepresidente del Senato Rosy Mauro. Ma ha soprattutto ammesso che nelle casse del partito sono finiti anche soldi in nero, pur precisando di essere al corrente di un solo episodio del genere, risalente al periodo in cui l'incarico di tesoriere era affidato a Balocchi.

La segretaria Cantamessa: avevo avvisato Bossi delle irregolarità
Dopo aver messo nero su bianco, Woodcock, con il suo collega napoletano Francesco Curcio, ha convocato per l'indomani, negli uffici della procura di Milano, Daniela Cantamessa, segretaria particolare di Bossi fino al 2005. La quale ha rivelato un'altra circostanza che potrebbe essere determinante per gli sviluppi dell'inchiesta: «Io stessa - riferisce ai magistrati - avevo avvisato Bossi delle irregolarità» commesse da Belsito, o meglio della sua superficialità e incompetenza, e del fatto che la Rosy Mauro era un pericolo sia politicamente e sia per i suoi rapporti con la famiglia Bossi». «Non nominai a Bossi la moglie - aggiunge - perché mi sembrava indelicato».

Due verbali che per gli inquirenti rivestono un valore fondamentale in quanto sono a sostegno delle ipotesi accusatorie delineatesi nelle conversazioni telefoniche con Belsito.

Dunque nelle casseforti del Carroccio sarebbero entrate anche somme in nero, ha confermato Dagrada. «Mi ricordo che, alcuni anni fa, l'ex amministratore della Lega Nord, Balocchi, portò in cassa 20 milioni di lire in contante dopo essersi recato nell'ufficio di Bossi. Uscì con delle mazzette dicendomi di non registrarli e di metterli in cassaforte perché ci avrebbe pensato lui».

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