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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2012 alle ore 10:48.
L'ultima modifica è del 10 aprile 2012 alle ore 10:53.

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L'Indonesia ha appena chiuso i conti del 2011 registrando un crescita record del Pil, pari al 6,5%, ma il presidente ha deciso ugualmente di premere il piede sull'acceleratore. Prima di lasciare, Susilo Bambang Yudhoyono - a cui la Costituzione impedisce di candidarsi per un terzo mandato nel 2014 - vuole passare alla storia come il leader che ha definitivamente insediato il Paese tra i nuovi protagonisti dell'economia mondiale. E da buon (ex) generale ha deciso di muovere l'artiglieria, con un piano di sviluppo che si colloca al terzo posto in Asia per volume di risorse movimentate, dopo Cina e India (400 miliardi di dollari entro il 2025).

I soldi non mancano, grazie alla fortunata concomitanza di più fattori: ricchissima dotazione di risorse naturali, debito pubblico tra i più bassi in Asia, rating creditizio recentemente innalzato a investment grade da Moody's. Ma le cose da fare sono molte, iniziando dai numerosi cantieri che si stanno aprendo nel Paese. La parola d'ordine è connectivity: un impressionante elenco di autostrade, porti, aeroporti, reti informatiche per integrare e rendere pienamente agibile un territorio ricchissimo che però si suddivide in sei grandi isole e in migliaia di isole minori. E quindi difficilmente agibile, anche nei molti luoghi dove si trovano le risorse naturali.

Il piano segue un tracciato che coniuga articolazione geografica e vocazione produttiva del territorio con sei grandi "corridoi" di crescita. Ed è all'interno di questa griglia che si collocano le grandi opportunità che l'Indonesia offre alle imprese italiane. Dove esattamente?

Un grande spazio è già aperto nelle costruzioni. Bisogna essere realisti: gli italiani difficilmente potranno aspirare al ruolo di prime contractor nelle grandi opere. Ma hanno ampie possibilità, come subfornitori specializzati, in tutto quello che viene dopo: fondazioni, tunneling, opere in calcestruzzo, moduli per edilizia civile, sistemi di segnalazione ferroviaria, reti e stazioni elettriche, progettazione, impianti e macchinari. «La condizione per avere successo - spiega Marco Montagnoli, responsabile per il Sud-Est asiatico del gruppo Maccaferri, azienda saldamente insediata nel Paese con due fabbriche (gabbie e reti di rinforzo per opere stradali) - è la presenza sul posto». Fattore strategico, nelle grandi opere, è anche l'identificazione di partner locali, in grado di introdurre l'impresa nella rete di relazioni tra enti statali e contractor (privati e pubblici) e di segnalare tempestivamente le iniziative che sono effettivamente in fase di avvio. Considerazioni analoghe valgono per i grandi progetti identificati dal Governo per allungare la catena del valore delle risorse naturali del Paese: impianti petrolchimici e di produzione di gas naturale liquefatto, centrali elettriche, acciaierie e impianti per la produzione di alluminio, rame.

Un'altra area di opportunità è quello dello sviluppo industriale diffuso. Negli anni '90 l'industria italiana della meccanica strumentale (macchine tessili, per lavorazione legno, cuoio, marmi) ha avuto un facile mercato in quella che già allora si avviava a essere una powerhouse economica. Da allora sono successe molte cose: la crisi asiatica e la svalutazione della rupia che ha messo in ginocchio centinaia di aziende nei settori emergenti (abbigliamento e calzature, tessile, elettronica, materiali costruzione, beni di largo consumo), lo sbarco in massa di fornitori cinesi e taiwanesi con un'offerta di beni e macchinari a basso costo.

Questi cambiamenti impongono al Sistema Italia della meccanica strumentale un riposizionamento dell'offerta per recuperare un mercato che ora è tornato a crescere. Puntando su macchine di elevata affidabilità (punto debolissimo, almeno per ora, del Made in China) e in grado di effettuare lavorazioni specializzate e ad alto valore aggiunto. Accompagnate da livelli adeguati di servizio pre e postvendita. Quindi, anche in questo caso, con una presenza commerciale diretta.

È la strada prescelta da alcune aziende - ancora molto poche - che si sono attrezzate per essere presenti nel Paese, dove operano con notevoli risultati in termini di fatturato come Sacmi (macchine per la ceramica), Biesse (filiera del legno), Ocrim (macchine per molini e pastifici). In questi settori l'offerta italiana di macchinari, come quella tedesca, rappresenta ancora il punto di riferimento per le operazioni industriali con maggiori ambizioni. Nella filiera agroalimentare in particolare, dove il duplice obiettivo è nutrire meglio una popolazione con redditi in rapido aumento e accrescere il valore aggiunto delle produzioni locali, si apre un grande mercato per macchine per la lavorazione di prodotti alimentari, imbottigliamento e packaging, catene del freddo per la conservazione dei prodotti agricoli e dell'allevamento, inclusa la filiera ittica.

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