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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2012 alle ore 10:29.

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La ricognizione tecnica sui cosiddetti «esodati» è ormai completata. Oggi il ministero del Lavoro, a meno di rinvii dell'ultima ora, dovrebbe diffondere le stime ufficiali sul numero dei lavoratori che, per effetto dell'allungamento dei tempi di uscita verso la pensione previsto dalla riforma Fornero, rischiano di rimanere per periodi anche lunghi senza lavoro e senza assegno previdenziale.

Già ieri alcune cifre, per grandi aggregati, sono stati forniti dal direttore generale dell'Inps, Mauro Nori, nel corso di un'audizione alla Camera: i lavoratori tutelati in uscita, tra quelli in mobilità, quelli inseriti nei fondi di solidarietà e gli «esodati» veri e propri sono circa 130.000 nei prossimi 4 anni.

In particolare le platee di riferimento prese in considerazione da Nori fanno riferimento a 45.000 persone in mobilità, 13-15.000 persone inserite nel fondo di solidarietà e credito, a 70.000 uscite dal lavoro sulla base di accordi volontari, ovvero i veri «esodati», e a altri 4-5mila i lavoratori coinvolti a vario titolo nella Pa. A soffermarsi sul quadro illustrato da Nori a Montecitorio è stato il vicepresidente della Commissione lavoro, Giuliano Cazzola (Pdl). «Il direttore dell'Inps – ha sottolineato – ha fatto presente che esiste anche un'altra categoria, quella delle persone che sono in prosecuzione volontaria, si tratta di 1,4 milioni di lavoratori». Per Cazzola «non tutti questi lavoratori» potranno essere tutelati «per varie ragioni. Però – ha aggiunto – è presumibile che una parte consistente rientrerà nelle norme di tutela, per cui si arriverà ai circa 350.000 soggetti di cui si è parlato in questi giorni».

Oggi, come detto, i dati dovrebbero essere ufficializzati dal ministero del Lavoro Elsa Fornero sulla base dell'istruttoria tecnica sviluppata insieme a Inps e Ragioneria generale dello Stato. In ogni caso la soluzione non arriverà subito. Una soluzione che dovrebbe riguardare anche i 5mila «esodati» di Poste italiane, almeno secondo quanto affermato dal presidente dell'azienda Giovanni Ialongo. Che ha sottolineato come alcuni «esodati» di Poste sono stati incentivati «assumendo il figlio o la figlia». Una sorta di scambio generazionale-familiare che vanta diversi precedenti nella storia del reclutamento dei dipendenti di diverse aziende pubbliche.

Il ministro del Lavoro oltre al dato dei lavoratori interessati dalla sospensione tra un'occupazione perduta e una pensione in forse, vorrebbe annunciare il prima possibile anche una soluzione legislativa, magari in coincidenza con la manifestazione unitaria di Cgil, Cisl, Uil e Ugl organizzata per venerdì 13 aprile davanti a Montecitorio. Il tempo a disposizione per una scelta da compiere con il solo decreto interministeriale previsto dalla legge è il 30 giugno, come si ricorderà. Ma quella strada basterebbe solo per risolvere la situazione di 65mila persone, vale a dire quelle che rientrano nel tetto fissato dalla stessa legge per il pensionamento con i vecchi requisiti; una garanzia che avrebbe richiesto «solo» i 5 miliardi di maggiore spesa previdenziale in sette anni (2013-2019) già finanziata. Poiché la platea sarà più ampia serviranno soluzioni diverse.

Nei giorni scorsi (si veda «Il Sole 24Ore» di Pasqua) era circolata l'ipotesi di una soluzione mista: a una parte di lavoratori verrà garantita l'uscita con i vecchi requisiti e a un'altra verrà concesso il passaggio dalla mobilità (o mobilità lunga) alla nuova Aspi, che dovrebbe debuttare entro giugno, appunto. Il nuovo ammortizzatore sociale consentirebbe altri 18 mesi di sussidio per gli over 50 più vicini ai requisiti, un tempo utile per arrivare alla pensione. Si vedrà se sarà questa la proposta del ministro. Certo è che se si optasse davvero per l'Aspi i lavoratori interessati dovrebbero rinunciare a una fetta di reddito passando dall'80% dell'ultimo stipendio incassato attualmente e fino alla fine dell'anno, ai 1.119 euro dell'Aspi. Inoltre questi «esodati» si vedrebbero calcolati i contributi figurativi sulla base del sussidio e non più dell'ultima busta paga.

I NUMERI
130mila
Le prime cifre
Ieri il direttore generale dell'Inps, Mauro Nori, ha parlato di 130mila lavoratori in uscita nei prossimi 4 anni. Non è un dato definitivo bensì un riferimento alle platee interessate dalla norma
65mila
Il tetto della legge
La legge 214/2011, che all'articolo 24 introduce i nuovi requisiti di pensionamento, fissa in 65mila il numero di lavoratori interessati da mobilità o inseriti in fondi di solidarietà che potranno godere delle vecchie regole per il ritiro.
Per finanziare questi pensionamenti tra il 2013 e il 2019 sono stati stanziati 5 miliardi di euro
350mila
La stima sindacale
Secondo i sindacati alla fine gli interessati non saranno meno di 350mila. Oggi il ministro del Lavoro dovrebbe dire l'ultima parola sul tema, con una soluzione ad hoc

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