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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2012 alle ore 14:36.

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Intervista con Romano ProdiIntervista con Romano Prodi

Addis Abeba - Sul tavolo dell'hotel, in giardino, sotto un sole africano, ci sono due cartoncini, forse il retro di una scatola di fazzoletti, pieni di parole scritte a mano fitte fitte: «Sono alcune riflessioni sul capitalismo. Non avevo fogli di carta. Ora devo ricopiarli».

Romano Prodi, 72 anni, non ascolta i consigli dei suoi che lo invitano a stare all'ombra («comincio a vivere sopra i 30 gradi», ride sornione). Come un gatto dalle sette vite sembra in forma più che mai. Parla a ruota libera dell'Europa e dell'Africa, delle elezioni francesi, della Grecia. Dell'Italia del Governo Monti e perfino del Giro d'Italia («mi hanno invitato, mi piacebbe andare ma non so se riuscirò…»).

È ad Addis Abeba, la Bruxelles africana, per la terza edizione del convegno organizzato dalla sua Fondazione per la collaborazione tra i Popoli: «Africa, 54 Paesi, una Unione». L'unità, l'integrazione è una delle costanti, da politico e da economista, del professore. Non molto tempo fa si diceva che l'Africa era un continente perduto, oggi è diventata la terra delle opportunità. Il convegno si svolge nella impressionante sede dell'Unione africana, appena inaugurata. L'hanno costruita i cinesi in due anni. Sul terreno dove sorgevano le carceri politiche del sanguinario Mengistu oggi c'è il simbolo identitario della nuova Africa unita.

Il tema dello lo sviluppo economico è centrale.
L'Unione europea, con tutte le critiche che le si fanno, è stato il più grande cambiamento pacifico del continente nel nostro secolo. L'Africa è infinitamente più frammentata dell'Europa: 54 Paesi diversi. Se non si crea una cooperazione strettissima, anche al suo interno, non si potrà mai avere un'industria moderna, non si potrà mai avere il grande salto che oggi si profila. Noi abbiamo messo attorno allo stesso tavolo per la prima volta rappresentanti di Stati Uniti e Cina, le due grandi potenze, con Unione africana, Ue, Onu e con le banche pubbliche (Bei, World bank, Afdb). Un discorso ristretto dal punto di vista dei partecipanti ma estremamente importante perché mettiamo sul tavolo le cose da fare per aiutare questo sviluppo.

L'Africa è diventata la nuova frontiera per gli investimenti in un momento di crisi economica occidentale.
Tutti vogliono venire in Africa con strategie diverse. La Cina considera l'Africa come un unico continente e ha relazioni diplomatiche con 51 nazioni su 54. Gli europei invece vanno avanti in ordine sparso: la Francia con le ex colonie, gli inglesi con i Paesi anglofoni, gli Stati Uniti con i Paesi amici. L'Europa fa quello che può ma i suoi Paesi gli corrono alle spalle.

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